Propongo qui il mio intervento in Consiglio Valle riguardante l'"affaire" sviluppatosi dopo la lettera, scritta da Hélène Imperial e da me, al Presidente del Consiglio, Alberto Cerise.
Ho detto e ribadito quel che penso con un tono che penso sia stato pacato ma fermo. Non si trattava, infatti, di "fare gli incendiari", perché quelli sono atteggiamenti che servono a poco, ma di essere coerenti rispetto alle proprie idee. Propongo l'intervento alla vostra attenzione proprio per questo.
Su questa vicenda si è scritto molto e in molti mi hanno espresso il loro sostegno su di una battaglia di principio. Mi spiace per chi, in buonafede, non ha capito, per chi, invece, è in malafede resta poco da dire.
La politica non è un elemento astratto: è, per fortuna, non solo fatta da calcoli e strategie, ma anche di sentimenti. In queste circostanze sono stato molti e diversi fra di loro. Ma quel che conta è averlo fatto nella convinzione che le istituzioni vanno rispettate.
Brutta gatta da pelare la storia del trenino di Cogne. Vicenda che mi ha fatto soffrire per l'esito disastroso: l'esercizio non è possibile. Una sconfitta, di certo.
E' importante, tuttavia, capire che il trenino non può e non deve avere collegamento con l'indispensabile valorizzazione delle antiche miniere di Cogne.
Ciò deve avvenire con scelte valide e corrispondenti alle finanze pubbliche di oggi, in cui nessuno può pensare a voli pindarici. Bisogna valorizzare stando coi piedi per terra un patrimonio importante per i cogneins, per i valdostani, per le Alpi intere e per un mondo turistico e culturale che può trovare in quei siti elementi di grande originalità.
Nel Cantone di San Gallo, il 29 giugno si riuniranno i presidenti di tutte le Regioni alpine (ciascuna con la definizione del proprio ordinamento costituzionale).
La sfida è quella di proporre, attraverso un'azione comune e un Paese proponente nel Consiglio europeo (potrebbe essere la Francia), una strategia per una macroregione alpina.
Il tema è politicamente decisivo per il nostro futuro in un'epoca così complicata in cui - dal fondo del pozzo di una crisi che avvolge tutto di un pessimismo nero - è bene respirare l'aria pura di un futuro condiviso per le Alpi.
Lo dico credendoci davvero e sapendo quanto rischio di retorica ci sia sul tema. Ma il dibattito consiliare dimostra, anche con l'unanimità sul documento, che su certi argomenti "alti" si può trovare una linea d'azione congiunta e ne sono lieto.
L'Europa guarda al nuovo Governo italiano con grande interesse.
Lo dimostra Anne Rovan su "Le Figaro" in un articolo di cui vorrei riportare qualche passaggio assai significativo. Ecco un primo passaggio: "Mario Draghi n'a pas le droit à l'erreur. L'utilisation de cette manne sera son premier grand test européen, alors que l'économie italienne a dévissé de 8,9% en 2020. «N'oublions pas que le plan de relance européen a été fait pour ce pays. Le recours au "Mécanisme européen de stabilité" était impossible politiquement et on ne pouvait pas s'appuyer sur le budget de l'UE puisque ce pays est un contributeur net. C'est pour cela que l'on a inventé cette troisième voie», souligne Yves Bertoncini, le président du Mouvement européen. «L'Italie n'est pas habituée à avoir autant d'argent à investir. L'Europe devra faire preuve de patience», prévient pour sa part Enrico Letta, l'ancien président du Conseil italien, désormais à la tête de l'Institut Delors".