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07 mar 2010

Una nuova solitudine

di Luciano Caveri

Osservare i ragazzini - e avendone due è facile farlo - ci mostra più di tante ricerche sociologiche certi cambi di gusto o certi comportamenti che ci indicano dove stiamo andando, perché se è vero che oggi i giovani sono una minoranza da loro nascono idee e tendenze frutto della loro freschezza e dei neuroni che girano a mille. Quando ero ragazzino, tre erano gli strumenti per stare in contatto con i propri amici: il primo, banalmente, era starci assieme; il secondo, quando erano più distanti, era il telefono (superata una certa soglia con il telefono di casa, esistevano i telefoni con gli scatti o a gettone); il terzo - tipo amici del mare - era l'uso delle lettere, che dimostravano finalmente una qual certa utilità dell'aver imparato a scrivere... Poi, ad un certo punto, mi ero convinto che lo scritto fosse destinato a morire, quando d'improvviso si scoprì che con i telefonini si potevano scrivere gli sms, che risorgeva lo scrivere grazie alla posta elettronica e, più tardi, con le chat e i social network. Oggi, guardando i comportamenti degli adolescenti, ti accorgi che lo scritto - poi come scrivano è altro discorso - tende persino a sostituire, in certi momenti, la socialità vis à vis, di cui certo non si può fare a meno e pure la telefonata, essendo il messaggino meno costoso. Il telefonino o il computer appartengono ad una rete davvero fitta come una ragnatela, che può però creare una nuova solitudine.