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16 lug 2010

Guardare alla Catalogna

di Luciano Caveri

Era il 2006 quando la Catalogna adottò il nuovo Statuto d'Autonomia. In quel periodo anche da noi si discuteva su modalità e ampiezza di una eventuale riforma del nostro Statuto d'Autonomia attraverso lo strumento nuovo di una Convenzione. C'era chi allora predicava la scelta di uno Statuto di pochi articoli, tutto giocato su di un articolato breve e di principio, e chi – proprio riferendosi al modello catalano con un documento di 223 articoli! – auspicava che un nuovo Statuto dovesse essere esteso e minuzioso. Forse era possibile una terza via fra la secchezza e la verbosità. Poi da noi tutto si bloccò per la mancata modifica dell'articolo 116 della Costituzione, che deve fondare giuridicamente il legame pattizio fra noi e lo Stato, basato sul principio dell'intesa a tutela di ogni modifica statutaria da noi proposta. Intanto, da ben cinque anni, si attendeva in Catalogna il pronunciamento del "Tribunal Constitucional" della Spagna. La sentenza è arrivata ed è pilatesca. I giudici costituzionali smontano, nel preambolo, la portata giuridica delle espressioni «Catalogna come nazione» e «la realtà nazionale della Catalogna». Da sempre si tollera l'espressione "nazionalità" ma il termine "Nazione" preoccupa. La sentenza sgonfia poi la "preferenza" per l'uso del catalano nella pubblica amministrazione, riportando così al bilinguismo catalano-spagnolo e viene poi parzialmente ridimensionato il ruolo della Catalogna nel settore della Giustizia e della Fiscalità. E’ comprensibile che i catalani siano arrabbiati e che guardino più agli aspetti deludenti della sentenza che agli aspetti positivi che pure ci sono. La scelta pacifica che gli stessi catalani hanno fatto per le proprie aspirazioni identitarie è stata nel tempo difficile ma piena di responsabilità e ora spetterà a tutti la ricerca di una modalità per ridare piena dignità al nuovo Statuto d'autonomia.