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07 nov 2020

La montagna ripopolata?

di Luciano Caveri

Su "Style" del "Corriere della Sera" trovo un articolo singolare dedicato al mio amico Luca Mercalli, che vale anche per presentare un suo nuovo libro, sapendo quanto Luca sia capace come scienziato a fare divulgazione. Ma, prima di citarne i contenuti, sia chiaro che ci vuole un ragionamento. Già questa primavera ed ancor di più d'estate abbiamo notato la presenza in Valle d'Aosta di turisti diventati stanziali con il loro trasferimento da noi. Delle "colonie" che sembrano doversi rafforzare, perché - me lo hanno confermato i notai e lo si vede anche dalle iscrizioni in certe scuole - in questo momento sono ripartite le vendite immobiliari in Valle, specie in alcune località turistiche, che indicano come ci saranno spostamenti appositi sulla spinta del "covid-19". Ma sembrerebbe essere in prospettiva qualcosa di più strutturale: può la montagna essere attrattiva per il mondo di chi è in "smart working"?

Risponde l'articolo: "La mattina, per prima cosa, Luca Mercalli guarda il cielo «per verificare le previsioni del giorno prima». Un vezzo per il climatologo, meteorologo e ricercatore che indossa farfallini in base a un criterio cromatico stagionale: «Nel corso dell'estate le gamme d'azzurro, in autunno i marroni, con le nebbie i grigi». Uomo metodico, previdente che, giocando d'anticipo sulla tropicalizzazione del pianeta, è già salito in quota (alta Val di Susa), recuperando in chiave ecosostenibile una grangia del XVIII secolo. «Casa-manifesto di un migrante verticale» la definisce nel suo libro "Salire in montagna" (Einaudi). «Un manuale di adattamento preventivo a scenari climatici futuri sempre più estremi» spiega questo paladino della sostenibilità che guida un'auto elettrica, viaggia in treno, considera i libri l'unico bene irrinunciabile e si prende cura del pianeta, dell'orto e dei campi di patate". Ma eccoci al punto: "Che cos'è la migrazione verticale? La risposta alpina al riscaldamento globale, che entro fine secolo renderà la pianura invivibile. Le alte quote saranno il rifugio dei profughi climatici. Un fenomeno destinato a ribaltare l'assetto del pianeta. Se oggi dal punto di vista socio-economico le piccole vallate montane sono marginali, domani non lo saranno più, bensì lo diventeranno le basse zone costiere, come la Riviera adriatica dove, per l'innalzamento del livello dei mari, l'acqua entrerà in salotto. Che cosa si può fare? Cominciare a programmare il cambiamento con ordine, in linea con le più avanzate visioni di sviluppo dolce delle terre alte, per evitare una migrazione di emergenza, da fuggiaschi, destinata inevitabilmente a innescare speculazioni ed ecomostri. Allora il rimedio sarebbe peggiore del male. Una soluzione è il ripopolamento di borgate abbandonate, dove oggi è possibile trovare case a un euro. Ma lo spazio in montagna è poco... Fortunato il paese che possiede altitudini… Il territorio montuoso ricopre il 40 per cento della superficie italiana. Ogni grande città ha montagne a un'ora d'automobile. Cambieranno anche gli stili di vita. Più contemplativi e meno competitivi". Più avanti cosi: "La montagna ospiterà mestieri che fino a ieri non c'erano perché grazie alla tecnologia e al telelavoro possiamo portarci appresso le nostre conoscenze e competenze. In quest'ottica il "covid" ha fatto da acceleratore; in una settimana abbiamo applicato ciò di cui vagheggiavamo da un decennio. Lo smart working è fondamentale per ridurre il pendolarismo, che è mobilità inutile". Ma più in generale esiste, alla fine, una riflessione da affrontare: "La ricetta salvavita di Luca Mercalli? L'economia circolare: spezzare il circolo vizioso dell'usa e getta, che investe anche noi stessi in quanto non valiamo più per ciò che siamo, ma per ciò che abbiamo e che consumiamo. Basta poco: far durare le cose, ripararle se si può, nobilitare quegli oggetti usati che, citando una poesia di Bertolt Brecht, «sono i più felici perché tante volte apprezzati»". Credo che valga anche per la gioia di vivere in montagna.