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15 dic 2020

Le Alpi unite contro il centralismo

di Luciano Caveri

Ne ho seguito la nascita sin dagli albori ed ora ripreso contatto, attraverso la mia delega sulla Montagna e sugli Affari europei con "Eusalp - Eu Strategy for the Alpine region", che ha - siamo al ridicolo - nell'inglese la sua lingua ufficiale, che almeno i francesi hanno cambiato con l'acronimo "Suera - Stratégie Macrorégionale de l'UE pour la Région Alpine". In una lunga videoconferenza con Marsiglia, ma con contributi da tutto l'Arco alpino, si è parlato in particolare di cosa sta capitando nei diversi Paesi con la pandemia. Io ho ricordato come questa prova sia dura e difficile per le Alpi, dove il virus ha colpito duro. E' stato facile segnalare come la democrazia locale sia stata negletta in nome del centralismo degli Stati e delle rispettive Capitali. Il principio europeo della sussidiarietà è stato umiliato con scelte non confacenti a territori e popolazioni già provati dal "covid-19" e dalle sue conseguenze umane, economiche e sociali. Mi pare che tutti i rappresentanti delle zone alpine abbiano solidarizzato sul punto e spero nasca una reazione corale.

Ricordo come questa strategia macroregionale alpina sia la quarta strategia macroregionale varata dall'Unione dopo quelle del Baltico, del Danubio e dell'Adriatico. E' una realtà geo-economica che - come da documenti ufficiali - coinvolge 46 Regioni appartenenti a sette Stati: Italia (Lombardia, Liguria, Friuli e Venezia Giulia, Veneto, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Valle d'Aosta e Piemonte), Austria, Svizzera, Francia, Germania, Liechtenstein e Slovenia. In termini numerici la Macroregione Alpina, che non è una nuova istituzione ma appunto un luogo di incontro e di decisione, copre un'area di 400mila chilometri quadrati ed investe una popolazione di settanta milioni di abitanti, con un "pil" di oltre tremila miliardi di euro, e punta sulla ricerca scientifica, sull'ambiente e sulle infrastrutture, che sono i tre pilastri dell'azione strategica: migliorare la competitività, la prosperità e la coesione della regione Alpina; assicurare l'accessibilità e i collegamenti a tutti gli abitanti della regione Alpina e rendere la regione Alpina sostenibile ed attraente dal punto di vista ambientale. In fondo ci sono due movimenti che interessano. Ce n'è uno orizzontale, che guarda il massiccio alpino in tutto il suo sviluppo, usando il famoso esempio della cerniera, che non è una novità ma una costante millenaria di rapporti reciproci quando gli Stati nazionali neppure esistevano; ce n'è un altro che lavora su di una dimensione verticale corta che lega il versante Sud e quello Nord attraverso strumenti vecchi e nuovi di cooperazione. Entrambe le geometrie complementari, tenendo conto della vecchia "Convenzione Alpina" e dei suoi Protocolli, dovrebbero ragionare in termini di vera cooperazione territoriale senza quelle ingerenze statali in negativo che proprio sulla "Convenzione Alpina" hanno pesato come macigni con le Capitali degli Stati che in modo dirigistico e con lo stampino ambientalista mettevano il naso ovunque, anche laddove poteri e competenze erano solidamente su basi locale. Un moto di orgoglio contro le logiche centraliste attraversa le Alpi ed è un'energia positiva che va sfruttata dopo la pandemia.