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21 dic 2020

Il vuoto dietro il ciuffo

di Luciano Caveri

So quanto sia difficile capire in questo periodo della pandemia cosa fare e cosa non fare, sulla base delle norme contraddittorie e cangianti che dovrebbero regolare la nostra vita. Brutta storia davvero, che rende incerte cose importanti e pure quelle basiche. Ci sono elementi minimali che sarebbe del tutto legittimo sapere, tipo banalmente come comportarsi il giorno di Natale. A meno di dieci giorni sulla festività non c'è nulla di certo su che cosa capiterà il 25 dicembre ed invece si svolazza nel cielo delle chiacchiere con sconcerto di famiglie ed imprese come ristoranti e bar. Così come non sfuggono le distonie di decisioni prese o peggio solo annunciate. Seguo la stampa internazionale e non vedo nessuno che si comporta come il Governo Conte, che dice e si contraddice, chiude e riapre, minaccia e blandisce. Ieri pure la riapertura delle scuole il 7 gennaio è stata posta in discussione con un dietrofront imbarazzante per chi ci lavora da settimane.

Esemplare il direttore de "Il Foglio", Claudio Cerasa, la cui ironia non sfugge: «Il ministro per gli Affari regionali del governo Conte, il simpatico Francesco Boccia, ha rilasciato ieri una curiosa intervista al "Corriere della Sera", in cui ha dato libero sfogo a una sua convinzione personale: l'oscenità, "causa shopping", degli assembramenti osservati negli ultimi giorni nelle strade delle grandi città italiane. "Quelle foto - ha detto con tono perentorio il ministro - mostrano scene ingiustificabili, inspiegabili, irrazionali, irresponsabili". In linea di massima si potrebbe dire che il ministro fa bene a preoccuparsi, se è vero che in un paese come la Germania, dove la media giornaliera dei casi è di 25,7 ogni 100mila abitanti e dove la media giornaliera di morti è 0,5 ogni 100mila abitanti, si discute su quali misure restrittive aggiungere, mentre in un paese come l'Italia, che registra 27,4 casi ogni 100mila abitanti al giorno e 1,1 morti ogni 100mila abitanti, si discute solo su quali misure restrittive togliere. Se il ministro Boccia fosse un cittadino come gli altri, potrebbe avere ragione a indignarsi. Il caso ha voluto però che Boccia non sia un cittadino come gli altri e in questo senso, rispetto a quelle immagini finite sotto accusa, le scene ingiustificabili, inspiegabili, irrazionali e irresponsabili sembrano essere più quelle osservate tra i banchi del governo che quelle osservate tra le vie dello shopping. Se davvero le vie dello shopping dovevano rimanere chiuse, la responsabilità non è di chi è andato a fare shopping, ma è di chi ha scelto di non chiudere quelle vie. Se davvero le vie dello shopping dovevano rimanere vuote, la responsabilità non è di chi è andato a fare shopping, ma, semmai, è di chi, come il governo di cui fa parte il ministro Boccia, ha demonizzato l'e-commerce invitando esplicitamente gli italiani ad andare a fare acquisti nei negozi. Se davvero le vie dello shopping dovevano rimanere vuote, la responsabilità non è di chi è andato in strada, ma, semmai, è anche di chi, come il governo di cui fa parte il ministro Boccia, ha creato un meccanismo contorto come il "cashback" che prevede un rimborso spese solo per tutti quegli italiani disposti a usare la propria app per acquisti in presenza all'interno dei negozi. Se davvero poi le vie dello shopping dovevano essere meno piene rispetto a come lo sono state questo weekend, il ministro per gli Affari regionali dovrebbe chiedere spiegazioni alla collega che si trova al Viminale, il ministro Luciana Lamorgese, che giusto ieri ha fatto sapere come sono andati, nel weekend, i controlli effettuati per il contenimento della diffusione del "covid" in Italia». Seguono numeri davvero implacabili: «Persone controllate il 12 dicembre: 80.285. Persone sanzionate: 1.058 (poco più dell'1,3 per cento dei controllati). Persone controllate il 13 dicembre: 88.505. Persone sanzionate: 952 (poco più dell'uno per cento). Dati che ci mostrano una verità ineluttabile: o non funzionano i controlli (e dunque il problema è il responsabile dei controlli) o anche in questo caso non hanno senso le polemiche (e dunque il problema è chi le crea). "Dobbiamo fare l'ultimo sacrificio - ha detto domenica l'ineffabile commissario Domenico Arcuri, intervistato da Fabio Fazio - e per questo faccio un appello ai cittadini: non ci fate più vedere le foto che abbiamo visto oggi, perché dobbiamo evitare che la terza ondata abbia luogo e sarebbe complicato iniziare la campagna di vaccinazione con un inasprimento della curva dei contagi". Nel nostro piccolo ci permettiamo di rivolgere un contro appello al dottor Arcuri e al dottor Boccia, sperando che la distribuzione dei vaccini contro il "covid" sia più fortunata di quella degli antinfluenzali (da mesi decine di migliaia di minorenni aspettano di poter acquistare in farmacia un vaccino che non arriva e che le regioni avevano chiesto al governo di far arrivare in quantità superiori lo scorso 27 ottobre: due mesi fa) e sperando che la scelta della primula avallata dal commissario Arcuri come simbolo dei gazebo per i vaccini anti Covid si riferisca alla bellezza di un paese vaccinato e non come temiamo alla rarità dei vaccini a cui richiama la stessa primula (un fiore molto raro, come le tabaccherie disposte a finalizzare le operazioni di "spid"). E l'appello è questo: se il guaio dell'Italia oggi sono i cittadini che fanno cose consentite e persino suggerite, non sarebbe il caso di riconoscere che il problema non è quello che fanno quei cittadini ma sono le autorità che permettono di fare cose che non si dovrebbero fare?». Un gioco a scaricabarile con Giuseppe Conte che spunterà in televisione con aria affranta e noi lo siamo per lui e i suoi clamorosi saliscendi, segno del vuoto dietro il ciuffo.