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26 dic 2020

Guardare al "dopo"

di Luciano Caveri

La pandemia, anche se capisco quanto la considerazione sia lapalissiana, avrà un "dopo". Ed è bene pensarci ora, quando siamo ancora del tutto immersi nelle difficoltà, compreso questo virus mutato nel Regno Unito, e sappiamo che arriverà la terza ondata. Bisogna riconoscere, a questo proposito, che certe previsioni assumono un valore assai relativo, pensando che poche settimane fa la gran parte dei virologi ci spiegava che certi sacrifici avrebbero sortito un sereno Natale. Forse si riferivano al 2021... Il "dopo", dicevo, che passa anzitutto dall'eradicazione del virus grazie all'azione dei vaccini, che par di capire non abbiano tutti la stessa efficacia e leggevo che l'Italia ha puntato molto sul vaccino europeo, che risulterebbe meno performante degli altri. A questo si somma il ragionevole dubbio sull'efficienza della macchina statale sinora disastrosa e tendente allo scaricabarile sulle Regioni e lo farà al primo inceppamento nelle mani del famoso Domenico Arcuri, che non si sa bene da dove spunti e chi lo spalleggi.

Aggiungo infine la questione di quanti si vaccineranno volontariamente ed il tema caldo se si potrà imporre ed a chi la vaccinazione. I dati sulla partecipazione sono per ora frutto di sondaggi deprimenti e sull'obbligatorietà dei vaccini, ad esempio nell'impiego pubblico e nei servizi pubblici, vedo già sul piede di guerra sindacati, comitati, pseudo-scienziati ed avvocati pronti a saltare sulla questione. Tutto questo allungherà l'attesa per il "dopo" ed accrescerà i danni causati dalla pandemia, rallentando la ripresa. Facile capire che non sarà colpa degli incapaci e degli imbecilli, ma dei famosi "poteri forti" che tanto piacciono ai complottisti equamente distribuiti a destra come a sinistra. Gli illuministi, nelle loro tombe, guardano con orrore a questo oscurantismo antiscientifico che spazia dalla casalinga al professorone senza classismo di sorta. La ricostruzione del "dopo" nella piccola Valle d'Aosta significherà lacrime e sangue ed una buona dose di pazienza per richiudere le ferite aperte nell'economia e nella società. Bisognerà che la politica eviti guerre intestine e perdita di tempo in scontri inutili e faccia il suo dovere per il rilancio, guardando - senza certe fantasie manifestatesi sul futuro della Montagna - ai famosi modelli di sviluppo. Dalle tragedie nascono opportunità e personalmente ne vedo parecchie, se si potrà lavorare con serietà. Ma c'è dell'altro in questo orizzonte valdostano post epidemia. Uno dei cardini dovrà essere la nostra Autonomia: ne abbiamo visto la fragilità per fattori esogeni ed endogeni. Per cui un esame di coscienza non distruttivo ma costruttivo sarà necessario fra di noi e non come regolamento di conti, ma per una visione prospettica. E bisognerà fare i conti con Roma, dove emergerà con ancora più nettezza un disegno centralista pericoloso e non accettabile. Stare sulla difensiva non basta e sarebbe ora che il mondo autonomista desse corso a quel progetto firmato prima delle elezioni per guardare ad un'aggregazione dei troppi e divisivi soggetti in campo. Per ora questo cammino è rimasto al punto di partenza e solo in Regione si nota un buon lavoro di squadra fra autonomisti, ma non basta, perché le sfide che ci attendono dopo prevedono idee e azioni per essere più forti e più credibili.