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09 feb 2021

Non guardare il proprio ombelico

di Luciano Caveri

Oggi come non mai la Politica valdostana non può guardare solo al proprio ombelico. Lo dico con profonda umiltà e senza fare il primo della classe. Tuttavia rivendico l'esperienza, che ritengo importante e soprattutto utile. Veniamo da una stagione italiana di improvvisazione, del famoso «uno vale uno», che ha inquinato la civile convivenza, nata come conseguenza di atteggiamenti verso i politici accomunati come fossero legno da bruciare sulla pira della «Kasta». Certe generalizzazioni mi hanno sempre fatto accapponare la pelle e hanno innescato processi di progressivo peggioramento nel nome del "nuovo" come feticcio, che non ha nulla a che fare con la logica condivisibile del rinnovamento e del distinguere il grano dalla pula.

Ora pare vicino il cambio di pagina e giustamente ci si chiede quale spinta imprimerà Mario Draghi, atteso "salvatore della Patria" dopo anni complicati e di degrado istituzionale in un contesto complessivo drammatico, qual è la pandemia che per ora non demorde. Non si tratta a mio avviso di santificare nessuno ed è giusto che la piccola Valle guardi a questa personalità con il giusto interesse e rispetto. Draghi, infatti, si situa ad un bivio nuovo rispetto agli anni passati: è un tecnico situato alla confluenza fra l'integrazione europea e una visione della politica italiana che pare improntata alla competenza come valore e non più come disvalore. Il dossier più grande in chiave europea che ci concerne riguarda i fondi sia del "Recovery Fund" che del "Mes", che di sicuro nelle mani di un economista di valore assumono un'importanza capitale anche per noi, minacciati come siamo da tagli al Bilancio regionale dell'immediato futuro sotto il peso della crisi economica in termine di riduzione delle risorse a nostra disposizione ed anche a supporto dell'economia e delle conseguenze della crisi in atto, che non è solo finanziaria ma anche umana. Spero che Draghi possa capire che una gestione centralizzata e dunque antiregionalista sarebbe letale per i territori per la semplice ragione che lo Stato non conosce l'importanza delle progettualità su scala locale, non ha le competenze e la macchina per gestire interventi. So bene che anche per noi gestire risorse suppletive sarebbe uno stress per le Amministrazioni, ma la posta in gioco è talmente grande che sono certo che saremmo tutti pronti a tirarci su le maniche ed affrontare con fiducia la sfida. In parallelo un altro discorso si innesta: quando leggo che si vogliono affrontare nei due anni rimanenti della Legislatura anche e Riforme (con "r" maiuscola) tremo per il periodo che stiamo vivendo. Ogni emergenza giustifica e spinge verso la centralizzazione e lo si vede persino nei Paesi ad ordinamento federalista. Mi auguro di conseguenza che Draghi non caschi nella trappola dell'anti-regionalismo e della vulgata, per noi pericolosissima, pena la scomparsa della Valle d'Aosta, della lotta alle Autonomie speciali. In qualunque caso, è necessario che la nostra Regione autonoma cavalchi le ragioni del nostro particolarismo con convinzione ed unitarietà. L'Autonomia speciale come fu ottenuta la si può togliere con relativa facilità, specie se ogni azione dovesse trovare nei valdostani stessi un ventre molle per ignoranza o disinteresse. O se noi stessi ci mettessimo ad enfatizzare la logica di un'Autonomia inutile e fallita, diventando complici dei nostri eventuali boia. Lo ripeterò fine a venire a noi questa questione capitale. Nessuno ritiene che ci siano nel nostro Ordinamento ragioni serie per cambiare e migliorare il sistema specie nella chiave della sua attualizzazione e della sua efficacia, ma ciò non ha nulla a che fare su certa furia di cancellazione o azzeramento. Per chiudere una speranza per il nuovo Governo: un giusto equilibrio per evitare i due opposti estremismi, tecnocrazia e populismo. Su questo Draghi gioca la sua reputazione.