Luciani sulla riforma

Carlo Bertini de La Stampa intervista il Professor Massimo Luciani, accademico dei Lincei e costituzionalista, sulla riforma costituzionale sul premierato.
Una scorciatoia che Giorgia Meloni ha costruito come un vestito da indossare per il futuro. Avrò tempo di scriverne a fondo: resto, intanto, convinto che non spiri aria costituente, che prevede un sentimento più vasto e inclusivo. In più le riforme costituzionali non si fanno a spizzichi e bocconi “Cicero pro domo sua”.
Ma ho citato Luciani per una sua dichiarazione esemplare più generale: “Servirebbe la ricostituzione di una vera società civile, ricostruire il sistema dei partiti, rimettere in campo soggetti del pluralismo disponibili al dialogo e non soltanto feroci curatori dei loro interessi particolari (si tratti, che so, dell'ambientalismo o della tutela della famiglia tradizionale). Insomma, si dovrebbe recuperare l'arte della mediazione e ricostituire quei meccanismi di solidarietà sociale che il Paese ha smarrito e che invece aveva dimostrato di saper produrre nella prima parte della pandemia. A fronte dell'enormità di questi problemi, il topolino partorito è palesemente inadeguato”.
Sottoscrivo!

Le elezioni a Bolzano/Bozen e a Trento

E’ sempre difficile comparare, viste le particolarità di ciascuna delle Autonomie differenziate, i risultati elettorali. Tuttavia è ovvio che qualche riflessione emerge lo stesso nel gettare uno sguardo agli esiti del voto dei nostri “cugini” alpini delle Province autonome di Bolzano/Bozen e di Trento.
La SVP cala nei consensi e si troverà in difficoltà a formare il nuovo Governo regionale, avendo solo 13 consiglieri su 35. Purtroppo – e lo dico per stima personale – è una sconfitta per Arno Kompatsher, che perde voti personali e si trova una parte dei sudtirolesi che hanno votato posizioni più oltranziste nei rapporti con Roma. Questo è avvenuto proprio nel momento in cui il Sudtirol capitanava la cordata delle Speciali lungo la pista di riforme statutarie molto importanti. La Lega viene gravissimamente sanzionata e i voti della Destra, sparita Forza Italia, si concentrano su Fratelli d’Italia.
Ovvia la riflessione sui rischi di rotture dentro l’area autonomista che crea instabilità e questo serva da riflessione per il futuro anche in Valle d’Aosta per i passi che si stanno compiendo.
Interessante il risultato a Trento, dove vince il centrodestra, ma il PD ha un buon risultato, pur andando con nettezza all’opposizione. Colpiscono le liste personali del leghista Maurizio Fugatti (confermato Presidente), che mostrano – anche ai presidenzialisti valdostani – il fatto di come l’elezione diretta distrugga il sistema dei partiti e crei potentati in capo al Presidente eletto dal popolo. Ne fa le spese anche Forza Italia con esito bassissimo.
L’astensionismo resta protagonista e i pentastellati – ottima notizia! – hanno un risultato misero.

Meloni e l’addio al suo bello

Anche una storia d’amore finita, per chi faccia una vita pubblica, viene purtroppo sbattuta in prima pagina.
Così è stato anche per Giorgia Meloni e compagno (termine giusto, non essendo sposati…).
Certo che un rapporto termini a colpi di “Striscia alla Notizia” sembra strano e par di capire che certi siparietti compromettenti da fuorionda fossero già noti alla Meloni (qualcuno scomoda rivelazioni dello stesso Berlusconi all’interessata) e dunque la convivenza fosse ormai destinata al fallimento.
Fatto loro, direi. Anche se non condivido il discorso sulla violazione della privacy e che la vita pubblica non si intersechi con quella privata. Se si finisce sulle riviste di gossip sulle cose belle, come capitato anche la Meloni, il contrappasso è finirci anche per le brutte.
Certo che la separazione avvenga via Twitter (o X che dir si voglia) è l’aria dei tempi e d’altra parte la comunicazione politica passa oggi anche attraverso i Social.
Lo so bene anche io oggi finito in una tempesta in un bicchiere d’acqua per un Tweet finito nel posto sbagliato. Fra i “j’accuse” più frementi quello dei Fratelli d’Italia valdostani su un mio abuso di scritttura sui Social/ un reato nuovo, direi ignorato dalla loro stessa leader, che ha scelto così di dare l’addio al suo “bello come il sole” (cit.).

L’Anpi filorusso

Pierluigi Battista su Huffpost ha ragione da vendere e le dice meglio di come farei io e apre una discussione che andrebbe fatta anche in Valle d’Aosta: ”Ma non è grottesco che una delle organizzazioni partigiane, l’Anpi, si schieri in modo così indegno contro la Resistenza ucraina e parteggi così spudoratamente per l’invasore Vladimir Putin? No, non mi sorprende affatto che durante una manifestazione in cui si sono esibite vecchie glorie dello stupidismo ideologico-musicale come i 99 Posse, l’Anpi napoletana abbia dato il suo appoggio alla più bieca propaganda putiniana sventolando sul palco senza vergogna le bandiere delle finte repubbliche del Donetsk e del Lugansk imposte dai russi in territorio ucraino.”.
Aggiunge con efficacia: “Non mi sorprende perché l’Anpi è solo la caricatura di sé stessa, vanta titoli morali immeritati, si fregia di un nome, “partigiani”, che dovrebbe suscitare il rispetto e che invece si trasforma nel paravento del più trito e testardo filo-sovietismo.
Un’associazione di partigiani (o meglio di una parte dei partigiani, Beppe Fenoglio non era tra questi) che ha come presidente un signore che non ha mai fatto il partigiano nemmeno un minuto della sua vita, esattamente come me, che infatti non mi azzardo a vantare nessun titolo morale particolare.
Un’associazione oramai composta, per banali e ovvie ragioni anagrafiche, da giovani che la Resistenza non l’hanno fatta. Che però si arroga il diritto di rappresentare una tradizione, di esibire un prestigio, di parlare a nome di persone che non ci sono più”.
La fine dell’articolo da incorniciare e che si eleva come un grido: “Non mi sorprende che i sedicenti partigiani italiani si accaniscano contro i veri partigiani ucraini.
Non mi sorprende che la nostalgia dell’Urss riemerga prepotente cancellando tutte le nefandezze compiute da Putin contro l’Ucraina, a cominciare dalla deportazione dei bambini in Russia.
Mi sorprende invece che si dia ancora credito a una sigla vuota, a un nome senza sostanza, a un gruppetto di persone che non possono vantare nessun passato glorioso.
Slava Ukraïni”.

Costruire o sfasciare?

Bisogna accordarsi sulla questione migranti e sul Patto di stabilità e molti altri dossier, compreso il nostro Traforo del Monte Bianco, e Matteo Salvini invita Marine Le Pen a Pontida e flirta con la destra tedesca nera come il carbone.
Ha ragione oggi sul Corriere, nella rubrica delle lettere, nel così argomentare Aldo Cazzullo: ”Se tu hai bisogno del presidente francese, e poi inviti alla tua manifestazione più importante la rivale del presidente francese, da lui battuta due volte alle due ultime elezioni, è difficile che poi il presidente francese ti dia una mano. Il concetto è talmente intuitivo da far venire il dubbio che Matteo Salvini abbia invitato a Pontida Marine Le Pen proprio per creare qualche problema a Giorgia Meloni. Neppure l’alleanza con l’estrema destra di Alternative für Deutschland rappresenta il modo migliore per cercare l’aiuto di un cancelliere socialdemocratico. Questo proprio perché in politica non esistono buoni e cattivi, ma leader che fanno gli interessi dei propri Paesi. E trovare un accordo con i principali governi europei fa parte dell’interesse nazionale italiano”.
Parole chiare e condivisibili

Il primo giorno di scuola

Che bello vedere di nuovo gli studenti di fronte alle scuole, perché esprime più di molte parole un senso di vitalità che mette allegria.
Purtroppo ogni apertura dell’anno scolastico è tempo in più trascorso rispetto al proprio primo giorno di scuola e questo oggettivamente…invecchia. Che poi bisognerebbe dire “giorni”, visto che ogni scatto a livello superiore, dalle elementari in su, suscita, oggi come allora, nuove emozioni.
I miei figli più grandi ne sono usciti, il più piccolo affronterà fra un anno le Superiori e dunque la mia prima volta e per ovvie ragioni è ormai sepolta nel passato. Eppure un brivido si sente ancora nell’evocare i ricordi di chi mi ha detto, perché io non ne ho memoria diretta, che quel primo giorno a me non mi piacque per niente, anche se feci buon viso a cattivo gioco. Nel senso che solo qualche giorni dopo annunciai che non sarei più andato a scuola, perché non mi piaceva. Ricevetti un fermo no dai miei genitori…

Il gioco di prestigio del Reddito di Cittadinanza

Pare che siano 71 le persone che in Valle d’Aosta hanno saputo, sciaguratamente dall’INPS via SMS della esclusione dal Reddito di Cittadinanza. Dico sciaguratamente non nel merito ma nel metodo. Già da mesi si sapeva di nuovi criteri di esclusione e dunque nessuno può dirsi stupito.
Non è mia materia, ma sono convinto che un mondo del lavoro valdostano in generale bisognoso di trovare dipendenti è in grado di assorbire un numero così esiguo di persone.
Ma di fronte alle grida di queste ore sulla violenza della scelta vale la pena di leggere un pezzo della rubrica quotidiana di Mattia Feltri su La Stampa: “In questi giorni si è rimarcata con qualche comprensibile enfasi l'opposizione della sinistra al reddito di cittadinanza, quando lo approvò nel '19 il governo di Lega e Cinque stelle, raffrontata all'opposizione della sinistra oggi, che il reddito di cittadinanza lo cancella il governo di destra. E in effetti fa un po' ridere perché, come ha scritto Pierluigi Battista, sono tempi in cui si cambia spesso idea, e anzi la si capovolge, senza sentirsi in debito di una spiegazione. È una tendenza vincente, bipartisan, e del resto se ne fa largo uso e nessuno se ne stupisce per davvero. A me però fanno più impressione i toni, di allora e di adesso. Allora, col reddito di cittadinanza, si stava virando in direzione dittatura (reddito di sudditanza, disse Nicola Zingaretti), i conti sarebbero collassati e il mondo sprofondato in un abisso di tenebra. Adesso, senza reddito di cittadinanza, si rapinano i poveri, si tifa per la mafia e in un abisso di tenebra il mondo sprofonderà”.
Viviamo in un mondo privo di memoria e dunque non stupisce che quel che era Male diventi Bene con un gioco di prestigio.

La corsa ad ostacoli del PNRR

Tocca studiare i capovolgimenti ultimi in ordine di tempo del PNRR, che cascano anche sulla testa di Regioni e enti locali della Valle d’Aosta e anche dei privati che in qualche modo ci hanno acceduto.
Come avvenuto sin dall’inizio e con gli ultimi tre Governi di diverso colore, le decisioni sono state prese dal centro senza alcuna condivisione.
Una logica dirigista francamente sbagliata e che ha marcato errori e inefficienze che pesano sulle scelte e rendono scricchiolante il sistema e mettono a rischio molte progettualità.
Poiché me ne occupo ormai da tempo, posso garantire che tutto sarebbe stato diverso se ci fossero state discussioni preliminari e strategie condivise.
Oggi si improvvisa e si rincorrono gli obiettivi da raggiungere in una corsa ad ostacoli in una rete di controlli che non solo crea affanni ma spinge molti a rinunce o a rallentamenti per regole eccessive e cerebrali.
Ma questo è il mare in cui nuotare per non annegare. Con il paradosso che sulla medesima rimodulazione due giornali, La Stampa è il Corriere della Sera, annunciano uno i dubbi dell’Europa e l’altro la viva soddisfazione dell’Europa. Roba da non credere…

Una bella lettera a La Stampa dell’occitano Mariano Allocco

Egregio direttore,
la posizione assunta dal CAI sulla presenza di croci sulla vette delle nostre montagne ha sollevato una questione sia di metodo che di merito, al riguardo ecco una mia breve riflessione:
Il politicamente corretto è la cancel culture si affacciano anche quassù e raggiungono le cime dei monti accompagnati per giunta da strumentali letture di parte.
Dinamiche, queste, di cui il Monte ritengo non senta la mancanza. Stiano in basso, quassù non ne abbiamo bisogno, abbiamo altre questioni da risolvere.
Le Comunità locali sono in grado di decidere in modo autonomo se mettere o togliere simboli, come dovrebbero essere messe in condizione di decidere su quanto serve per vivere il Monte.
Avevo già trovato singolare, ad esempio, che il CAI nel 2017 avesse istituito il “Gruppo Grandi Predatori” https://csc.cai.it/gruppo-grandi-carnivori/ , con l’obiettivo “….di partecipare attivamente ed in modo costruttivo all’instaurarsi di una complessa ma possibile coesistenza tra uomo e i predatori selvatici…”.
Allora mi sfuggiva in base a quale mandato si occupasse di lupi ed orsi, come ora di croci sulle vette.
Singolare, poi, che a livello storico non abbia trovato alcuna presa di posizione o consiglio da parte delle Comunità alpine al riguardo di urbanizzazione, gestione ambientale della pianura, industrializzazione o di arredi urbani. Perchè?
Perchè la Libertà, una delle colonne portanti del vivere il monte, è intesa in modo diverso al Piano e sul Monte e anche in questo frangente, in modo sommesso, rilevo un approccio coloniale nei confronti delle Alpi.
La democrazia dovrebbe valere quassù come in basso.

I rischi della turris eburnea

Il mese di giugno resta il mio preferito. Sarà perché indelebilmente legato alla fine della scuola e dunque a quella sorta di liberazione di cui, da studenti, si è in qualche modo inconsci per quegli spazi di libertà grazie ad estati non ripetibili da adulti per la loro impagabile durata.
Ma, per fortuna, la nostalgia funziona solo se opportunamente alimentata dalla vita corrente. Per cui giugno, per chi fa politica, è un momento salutare per mettere fuori il naso dagli uffici per evitare che si trasformino nella pericolosa “turris eburnea”.
Cesare Marchi così ne evoca origini e significato: “Còllum tùum sìcut tùrris ebùrnea, il tuo collo è come una torre d'avorio, dice alla bella Sulamita il Cantico dei cantici, attribuito a Salomone (VII, 5). S'ispirò a questo versetto Modigliani per i suoi famosi colli? Torre d'avorio è anche un attributo della Madonna nelle litanie lauretane. Nell'uso corrente indica il volontario e talora sdegnoso isolamento in cui si rinchiudono esponenti della scienza, dell'arte, della cultura, evitando i contatti con la realtà esterna, per meglio dedicarsi allo studio e alla creazione”.
In politica “torre d’avorio” ha il pessimo significato di chi si chiude a riccio e perde il contatto con la realtà e, in fondo, con i cittadini.
Quanto di peggio possa capitare.

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