April 2016

La bataille de reines 2, la Vendetta

Un combat dall'ultima finale regionale della BatailleChe nessuno dica più che in Valle d'Aosta non esistono spirito imprenditoriale e capacità di innovazione: lo sappiano bene quella vil razza dannata dei giornalisti locali. Come un fulmine a ciel sereno, la notizia è piombata nella tarda serata di ieri nelle redazioni: in Valle d'Aosta ci sarà una seconda versione della "Bataille de reines", il tradizionale scontro fra le bovine, che è uno dei simboli della valdostanità. L'annuncio è stato dato con apposita conferenza stampa dalla Regione, che curerà in proprio il nuovo circuito in collaborazione con il Forte di Bard, ritenuto idoneo alla bisogna perché nel Neolitico - secondo appositi studi commissionati - nei prati viciniori all'attuale forte si svolgevano già scontri fra bovine.

Fontina d'alpeggio a tutela dell'alta montagna

Pezzetti di 'Fontina' d'alpeggioSono nato e cresciuto a pochi passi dal mondo contadino. Non solo perché a Verrès c'erano un tempo parecchie stalle vicine e familiari, ma perché - avendo un papà veterinario - il mondo dell'allevamento era il nostro sostentamento e spesso andavo in giro per le visite con papà o prendevo talvolta dal vivo o di persona le richieste di cura dai proprietari delle sue pazienti, prevalentemente bovine.
Questo mondo contadino - basta leggere lo Statuto d'Autonomia della Valle d’Aosta e l'elenco delle competenze regionali - era un asse portante dell'economia e della civiltà valdostana. Poi sappiamo bene come nel tempo il numero delle aziende sia diminuito e siano ad esempio sparite quelle piccole stalle, legate ancora a logiche di autoconsumo.

L'alleanza con i musulmani contro gli islamisti

Angelo PanebiancoCredo di essere stato l'unico presidente della Regione della Valle d'Aosta che, in un'affollata assemblea pubblica ormai di parecchi anni fa, incontrò la comunità islamica. Fra le centinaia di persone c'era una sola donna presente e pure snobbata (quando si sedette ci fu il vuoto attorno).
Ero interessato a capire i loro problemi: c'era il tema di un luogo di culto su Aosta (moschea), i tempi eterni per ottenere la cittadinanza, questioni di lavoro e molto altro.
L'impressione, specie per marocchini e tunisini, era che esistesse una rete molto fitta di solidarietà familistica, ma - come si vede nella quotidianità della vita - si tratta di realtà non molto penetrabili dal resto della comunità valdostana e per questo bisogna creare ponti e non baratri.

La ferrovia valdostana senza strategia

Il tabellone delle partenze alla stazione ferroviaria di AostaCi sono sempre più dossier sul tavolo del futuro della Valle d'Aosta, di cui ho una certa conoscenza, che vedo trattare con logiche capricciose e chissà con quali fini, e ciò mi fa dire: che fine sta facendo non solo la nostra preziosa ed oggi pencolante Autonomia speciale, ma soprattutto la necessaria credibilità della politica? Lo dico con serenità e senza rancori. Questo clima di «après moi le déluge!», («dopo di me il diluvio»), mi lascia senza fiato. La frase - lo ricordo - viene attribuita dalla tradizione al Re di Francia Luigi XV, penultimo Re prima della svolta repubblicana, che l'avrebbe pronunciata nel corso di una conversazione con la Marchesa di Pompadour, allo scopo di porre fine alle insistenti esortazioni di occuparsi attivamente degli affari dello Stato.

Il petrolio di Renzi

Della vicenda dell'emendamento e della telefonata inopportuna al convivente che ha portato alle dimissioni del ministro Federica Guidi, ministro dello sviluppo economico "volata" da "Confindustria" al Governo Renzi (con conflitti di interesse che già non stupivano in partenza...), mi sono fatto qualche idea.
E ciò è avvenuto sulla base di almeno quattordici Finanziarie, oggi "Legge di Stabilità", che ho seguito nella mia esperienza di deputato. Finanziarie che ho visto nella versione omnibus, cioè testi che diventano mostruosi e zeppi di norme le più varie, poi nella versione dimagrita ed infine ho assistito, da fuori dal Parlamento, al progressivo ingrassamento, sino a diventare di nuovo un caravanserraglio e, se preferite, un assalto alla diligenza.
Ebbene, notti insonni con faldoni spaventosi e marce forzate a controllare magari un solo articolo o qualche emendamento da imboscata, mi confermano - specie quando viene posta la fiducia, come ormai avviene come prassi - che ci potranno essere refusi o materie strambe, ma quel che è certo è che ogni cosa, finito l'imbuto che si intasa di proposte e speranze, alla fine ha un nome, cognome e indirizzo.

Sono un onnivoro

Giuseppe Cruciani brandisce il salame agli animalistiHo amici vegetariani e vegani: li rispetto, perché ognuno con il cibo fa quello che vuole e perché è una scelta sulla propria pelle (già meno convincente è imporlo ai figli). Qualcuno è molto fideistico e pratica un "veganesimo" assai oltranzista, tipo niente miele (perché frutto del presunto sfruttamento delle api) o niente fichi (perché potrebbe contenere i resti di qualche insetto, considerato proteina animale).
Uno scatto ulteriore in queste convinzioni è l'"animalismo", che sfugge ancora - nella definizione ordinaria sui dizionari più importanti - a descrizioni convincenti rispetto al fenomeno e a certi ideologismi ben evidenti.

I misteri dell'antichità

Il 'cromlech' al Piccolo San BernardoLa Storia mi piace moltissimo e credo che sia un bene capirla sempre meglio, come avviene con una bussola che ci posiziona. Mi viene sempre in mente quel quadro di Paul Gauguin che si intitola significativamente "D'où venons-nous? Que sommes-nous? Où allons-nous?" ("Da dove veniamo? Che cosa siamo? Dove andiamo?"), un olio su tela che - dipinto in circostanze drammatiche, come la morte della figlia del pittore ed un suo tentato suicido nella difficoltà di finire la tela - rappresenta negli scenari tropicali di Tahiti, con simbolismo variamente interpretati dai critici, la Vita.
Questo guardarci dentro è importante e vale come proiezioni verso il futuro, ma senza il passato come si potrebbe fare?

Pifferai bastonati e mute pive a Roma e Bruxelles

Matteo Renzi a Courmayeur la scorsa estateTocca essere espressivi per rendere molto materiali certi ragionamenti politici, altrimenti destinati a svolazzare troppo in alto - come palloncini colorati - e dunque difficilmente afferrabili, se non da poche persone simili ai personaggi sospesi nel cielo nei quadri di Magritte.
Il modo di dire è noto, ma poco intellegibile perché faceva parte di una polemica, via libelli, che riguardava i Gesuiti: «fare come i pifferi di montagna, che andarono per suonare e furono suonati». Espressione assai colorita e che si presta a chiudere uno scambio polemico e che significa andare a far valere le proprie ragioni con baldanza o con intenzioni aggressive e tornare sconfitti. Verrebbe da usare per analogia un'espressione forse desueta, che usava mio padre, che è «con le pive nel sacco», spesso utilizzata in congiunzione con forme verbali predefinite come nelle frasi «ritornare, rimanere, ritirarsi con le pive nel sacco», è una polirematica che significa «con delusione e umiliazione per non aver ottenuto ciò che si voleva».

Protestare è legittimo

La protesta dei lavoratori delle 'microcomunità' sotto Palazzo regionaleSul "Patto di stabilità" ho la coscienza a posto e il bello di averne scritto, ma di averlo detto anche in sedi ufficiali perlopiù resocontate, mi tranquillizza su un fatto preciso: specie nei confronti delle Regioni (ora qualche ammorbidimento per i Comuni sta emergendo) uno strumento europeo, ormai di parecchi anni fa, è diventato il paravento per svuotare pian pianino le casse regionali con un accanimento particolare - con l'aiuto delle Regioni ordinarie - nei confronti delle Autonomie speciali. Scelte a colpi di rasoiate senza mai tenere conto davvero delle funzioni, dei poteri e delle competenze che le Specialità esercitano sul proprio territorio. Foglia dopo foglia del carciofo, ad esempio per la Valle d'Aosta, è rimasto solo il gambo.

Alessandro Roccavilla e la forza dei legami

Una cartolina di 'Villa Roccavilla' a SarreLe logiche dell'"autour de nous" mi hanno sempre incuriosito, nel senso che trovo stimolante approfondire tutti quei rapporti di vicinato, frutto per i valdostani della prossimità geografica, anche e non solo attraverso i collegamenti intervallivi, che hanno creato nel tempo legami di vicinato oggi non sempre intellegibili, compresa la ovvia osmosi fra popolazioni attigue con culture ad intreccio. Oggi possiamo giocare con la triangolazione Savoia, Vallese, Piemonte - nella logica dei rispettivi Stati nazionali - ma un'analisi su una scala millenaria e secolare rende la materia ancora più viva e stimolante e fa capire la caducità delle frontiere attuali.
Questo vale anche per i rapporti della Valle d'Aosta con il confinante biellese, restandomi sempre una duplice impressione: la prima è che ci sia molto da scoprire su certi flussi migratori e su interscambi nel tempo e la seconda riguarda le affinità fra due città come Biella e Aosta dalle caratteristiche di un fondovalle che ha però legami forti con le montagne che fanno loro da corona.

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