La comunicazione politica, cioè l'insieme di strumentazioni che un politico può mettere in campo per dialogare con l'opinione pubblica (in parte suo elettorato), mi ha sempre interessato.
Ciò è in parte dovuto alla mia formazione giornalistica, ma anche alla convinzione che per l'eletto esplicitare le posizioni e le iniziative è un obbligo insito nel ruolo.
D'altra parte è questa la ragioni della nascita e del mantenimento di questo spazio sul Web e di una serie di altre iniziative, pur se in questo periodo - come qualcuno mi rimprovera - il mio profilo è basso e non potrebbe essere altrimenti.
Ma questo non vuol dire non seguire l'evoluzione dei metodi di comunicazione politica che incalzano e ci porteranno chissà dove, anche se in Valle d'Aosta la piccolezza ci consente maggiori legami personali di quanto possa avvenire altrove.
Ci pensavo ricevendo da un amico una "chicca" rinvenuta in un suo archivio: si tratta dell'audio di una "cassetta" che inviai ai giovani elettori in occasione delle elezioni politiche del 1994. Direi che una qual certa velocizzazione, immagino dovuta ai riversamenti, crea una voce un po' strana in questa registrazione che emerge dal passato, ma vi devo dire che trovo ancora oggi "ragazzi" (o "ragazze") di allora che rimasero fortemente colpiti dalla modernità del mezzo che a suo tempo venne prescelto come contatto.
Ai tempi della rete farà pure sorridere, ma allora non era così.
Se ne va con la discrezione, che era un suo tratto distintivo, Silvano Meroi. Era un ingegnere che dalla sua Saint-Vincent aveva raggiunto i vertici nazionali della Protezione Civile, perché sapeva - oltre a fare molte altre cose - mantenere il sangue freddo da autentico leader di fronte anche alle emergenze più difficili.
Le sue ultime battaglie le aveva al traforo del Gran San Bernardo da Presidente di questo tunnel fra Italia e Svizzera e lo aveva fatto conquistando la fiducia di tutti, compresi gli svizzeri che lo piangono insieme a noi, come fanno tutti quelli che lo hanno conosciuto.
Ridevamo assieme, perché il suo era un umorismo anglosassone, avendo entrambi delle responsabilità, della stupidità di certe burocrazie che trovavamo sul nostro cammino. E lo abbiamo fatto soprattutto a Roma, considerandoci sempre e scherzosamente due valdostani all’estero.
Era un uomo di azione, che ha affrontato una malattia rara e insidiosa senza mai deflettere o rassegnarsi, anzi dimostrando ogni giorno, di fronte ai problemi più difficili, che bisognava stare a testa alta e risolvere le cose.
Alla fine la malattia ce lo ha portato via, ma lui è saldamente nei nostri cuori.