La comunicazione politica, cioè l'insieme di strumentazioni che un politico può mettere in campo per dialogare con l'opinione pubblica (in parte suo elettorato), mi ha sempre interessato.
Ciò è in parte dovuto alla mia formazione giornalistica, ma anche alla convinzione che per l'eletto esplicitare le posizioni e le iniziative è un obbligo insito nel ruolo.
D'altra parte è questa la ragioni della nascita e del mantenimento di questo spazio sul Web e di una serie di altre iniziative, pur se in questo periodo - come qualcuno mi rimprovera - il mio profilo è basso e non potrebbe essere altrimenti.
Ma questo non vuol dire non seguire l'evoluzione dei metodi di comunicazione politica che incalzano e ci porteranno chissà dove, anche se in Valle d'Aosta la piccolezza ci consente maggiori legami personali di quanto possa avvenire altrove.
Ci pensavo ricevendo da un amico una "chicca" rinvenuta in un suo archivio: si tratta dell'audio di una "cassetta" che inviai ai giovani elettori in occasione delle elezioni politiche del 1994. Direi che una qual certa velocizzazione, immagino dovuta ai riversamenti, crea una voce un po' strana in questa registrazione che emerge dal passato, ma vi devo dire che trovo ancora oggi "ragazzi" (o "ragazze") di allora che rimasero fortemente colpiti dalla modernità del mezzo che a suo tempo venne prescelto come contatto.
Ai tempi della rete farà pure sorridere, ma allora non era così.
Carlo Bertini de La Stampa intervista il Professor Massimo Luciani, accademico dei Lincei e costituzionalista, sulla riforma costituzionale sul premierato.
Una scorciatoia che Giorgia Meloni ha costruito come un vestito da indossare per il futuro. Avrò tempo di scriverne a fondo: resto, intanto, convinto che non spiri aria costituente, che prevede un sentimento più vasto e inclusivo. In più le riforme costituzionali non si fanno a spizzichi e bocconi “Cicero pro domo sua”.
Ma ho citato Luciani per una sua dichiarazione esemplare più generale: “Servirebbe la ricostituzione di una vera società civile, ricostruire il sistema dei partiti, rimettere in campo soggetti del pluralismo disponibili al dialogo e non soltanto feroci curatori dei loro interessi particolari (si tratti, che so, dell'ambientalismo o della tutela della famiglia tradizionale). Insomma, si dovrebbe recuperare l'arte della mediazione e ricostituire quei meccanismi di solidarietà sociale che il Paese ha smarrito e che invece aveva dimostrato di saper produrre nella prima parte della pandemia. A fronte dell'enormità di questi problemi, il topolino partorito è palesemente inadeguato”.
Sottoscrivo!