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03 mar 2010

Silvio Scaglia

di Luciano Caveri

In queste ore mi becco gli sfottò di molti colleghi politici su Silvio Scaglia perché sanno che lo conosco e mi è capitato in passato di incontrarlo in diverse occasioni sin da quando fu uno dei primo sponsor del rinato "Trofeo Mezzalama" di cui ero presidente. La sua frequentazione di Ayas e il suo amore per le nostre montagne non erano un mistero, così come l'importanza di certi ragionamenti che faceva sulla necessità dell'infrastrutturazione di Internet nelle nostre valli per lavorare e anche a beneficio dei turisti che, come lui, sceglievano lunghi soggiorni ma dovevano restare in contatto, via computer, con il mondo. Scaglia, anche questo non è un mistero, avrebbe voluto costruire un albergo di lusso a Champoluc, immaginando una clientela di élite da portare in Val d'Ayas, ma poi venne spaventato dall'enormità di problemi burocratici. Ora le accuse della Magistratura da cui Scaglia, protagonista della new economy legata alle nuove tecnologie con i pregi e i difetti di un settore nato come un fungo tra travolgenti successi e l'esplosione di bolle speculative, spero possa uscire pulito, anche se il contesto dell'inchiesta lascia sconvolti. Il filone che più mi sciocca - su cui ovviamente Scaglia non ha responsabilità - è quella porcheria del voto degli italiani all'estero contro il quale mi sono battuto come un leone in Parlamento. Oggi si scopre l'acqua calda e cioè che a metterci il naso in queste strampalate circoscrizioni estere c'è la criminalità organizzata.