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25 apr 2021

Ignoranza e analfabetismo

di Luciano Caveri

Sarebbe bello poter fare come propone Giovanni Soriano: «Quando ci si trova dinanzi l'ignoranza - se non l'aperta stupidità - mista alla presunzione, è il momento di darsela a gambe. E anche in fretta». La realtà purtroppo è diversa ed anche meno suggestiva ed è il fatto che l'ignoranza è un problema serio e lo si avverte ogni giorno. Non basta «darsela a gambe», perché diventa un problema persino per la democrazia e per la famosa eguaglianza, nonché per la civile convivenza. Ho trovato una bella intervista, che inquadra in un contesto più vasto il problema del l'ignoranza come fenomeno crescente, realizzata da Simonetta Fiori su "La Repubblica" con questo incipit: «Si chiama analfabetismo funzionale. E' un fenomeno che incide molto sulla coscienza democratica di un paese ma del quale si parla poco, come un imbarazzante segreto di famiglia».

«Più di undici milioni di italiani tra i 15 e i 64 anni, più maschi che femmine, appartengono alla categoria - sottolinea - non sono analfabeti totali, riconoscono le lettere dell'alfabeto e le singole parole, ma non colgono il significato di un testo elementare, non sanno orientarsi nel mondo digitale e di conseguenza non sono capaci di cavarsela sul lavoro, nelle relazioni sociali, nella tutela della salute. Di questa invisibile moltitudine esclusa dal pieno esercizio della cittadinanza, e condannata dalla pandemia ad allargarsi, si occupa da quarant'anni Vittoria Gallina, autrice di importanti ricerche internazionali. Così spiega chi sono gli analfabeti funzionali: "Sono persone che, pur dotate di un titolo di studio, non sanno usare le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle varie situazioni della vita quotidiana. E di conseguenza non sono in grado di orientarsi nella società contemporanea". Questa capacità - osserva l'intervistatrice - viene indicata con la parola "literacy": "sì, è la capacità che è richiesta per tessere relazioni sociali, per raggiungere obiettivi, per sviluppare conoscenza e potenziale umano. "Literacy" è lo strumento moltiplicatore di effetti che mettono i cittadini nelle condizioni di partecipare, con consapevolezza e responsabilità, alla vita democratica di un paese". Per capire cerco una definizione su "Treccani": "L'insieme di competenze che utilizzano le capacità di identificare, comprendere, interpretare, creare, comunicare e computare utilizzando materiale scritto derivante da vari contesti. La "literacy" identifica un apprendimento continuo negli individui quando tendono ai loro traguardi, allo sviluppo della loro conoscenza e delle loro potenzialità e alla piena partecipazione alla vita delle comunità e delle società". (Unesco, 2005)». Per comprendere il livello di questa forma più strutturata di analfabetismo ci sono prove pratiche che mostrano l'esistenza di difficoltà e la professoressa Gallina così spiega gli esiti dei "poco qualificati" ("low skilled"): «Secondo gli ultimi dati "Piaac Ocse", i low skilled in Italia sono il 27,9 per cento della popolazione residente tra i 16 e i 65 anni, ossia undici milioni di adulti, in gran parte lavoratori più anziani e immigrati, concentrati nelle imprese più piccole, in settori meno progrediti e nelle regioni meno sviluppate. Un livello assai più elevato rispetto alla media europea che si attesta al dodici per cento». E più avanti aggiunge: «Oltre 26 milioni sono al di sotto del livello che indica la piena padronanza della strumentazione per svolgere i compiti dell'età adulta: mi riferisco alla capacità di comprendere e produrre conoscenze e informazioni. E, soprattutto, alla capacità di innestare nuove esperienze su patrimoni posseduti». Infine le competenze digitali: «Anche qui le cifre non sono incoraggianti. Il 33,8 per cento delle famiglie italiane non ha un computer o un tablet. E il 14 per cento di queste famiglie ha almeno un minore a casa. Nel Mezzogiorno la percentuale di chi non possiede strumenti tecnologici sale al 41 per cento. Molti ragazzi sono rimasti esclusi dalla didattica a distanza, con una crescita degli abbandoni scolastici che erano già molto alti. Ho l'impressione però che si continui a fare finta che tutto va bene. Sono andata a vedere i risultati della maturità del 2020, superata in piena pandemia: i voti sono più alti rispetto all'anno precedente. E là dove le lodi sono generalmente generose - il Sud d'Italia - si continua a dare sempre più encomi. Come se non volessimo prendere atto dei nostri ritardi culturali enormi». Interessante questa frattura fra Nord e Sud, così come la rassegnazione al "cultural divide", cioè in soldoni "l'ignoranza digitale", così commentata: «Lo vediamo chiaramente da un'inchiesta del "Censis": molti non hanno la formazione digitale appropriata ma non sentono il bisogno di migliorare». Questo vale, a mio avviso, per la cultura in generale, purtroppo. Ci pensavo, questa volta in positivo, con la nascita anche in Valle d'Aosta del "Centro regionale per l'istruzione degli adulti - Cria", che si occuperà dei percorsi formativi di alfabetizzazione, di primo e di secondo livello di istruzione e dei corsi serali per il conseguimento del diploma del secondo ciclo di istruzione. Sarà una goccia nel mare, ma tutto serve.