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25 apr 2021

Grillo

di Luciano Caveri

Non ho mai conosciuto di persona Beppe Grillo e non ho rimpianti in merito. Tantissimi anni fa e dunque prima che sbarcasse nell'agone politico fece uno spettacolo ad Alassio, in cui - così mi raccontò un mio cugino, che era presente - venni citato, perché alla Camera qualche giorno prima lessi un lungo pezzo in francese e fui interrotto dal Presidente d'aula Adolfo Sarti, perché tornassi all'italiano. L'allora comico mi prese in giro per questa "scelta" linguistica e sicuramente ci stava la citazione scherzosa. Anzi, la cosa persino mi lusingò. A me lui piaceva molto per la sua comicità che vedevo in televisione con quella dialettica torrentizia e pure irriverente, anche se già in quel periodo si stava lentamente trasformando in una sorta di predicatore con intenti moralistici e visioni futuristiche, già venate da complottismo. Il terreno nel "post Tangentopoli" e nella sua lunga cosa anticasta e antiparlamentarista era assolutamente fertile per demagogia, populismo nella versione del "grillismo" aggressivo e digitale. Un mix abbastanza complicato ma certamente attrattivo, come capita a certi attimi fuggenti della politica. Attimi che devono poi fare i conti con una mutevolezza rapida e umorale dell'elettorato.

Tra alti e bassi i "grillini" sono diventati, per questa favorevole congiuntura sociale, il primo partito in Italia ed in Valle d'Aosta sono riusciti alle ultime politiche ad eleggere il deputato valdostano a Roma. Una sconosciuta, Elisa Tripodi, andata a Montecitorio con stupore generale, forse anche suo. Le situazioni contingenti hanno concentrato su di lei un voto di protesta, di cui ancora oggi bisogna tenere conto, anche se nel frattempo i "Cinque Stelle" sono usciti dal Consiglio regionale, perché il cambiamento è stato un proclama cui non è seguita sostanza. Di slogan e «vaffa» si può anche perire e risulta illuminante il recente filmato con cui Grillo ha difeso il figlio sospettato di uno stupro di gruppo. L'aria da santone millenaristico mi ha quasi spaventato e penso sia stata rivelatrice - per chi non ci fosse ancora arrivato - di un modo di pensare e di porsi. Resta quanto i "pentastellati" hanno lasciato. A me sembra, anzitutto, che lo stile arrembante, spesso volgare se non triviale, ha cambiato, peggiorandolo, il già discutibile linguaggio della politica italiano. Questo rimarrà anche dopo di loro e lo si deve ad un generale peggioramento dello spessore culturale in politica e l'educazione, il bon ton ed il rispetto reciproco sono scesi a livelli allarmanti. Aggiungerei, sempre in negativo, il dilettantismo dimostrato da un gran numero di eletti finiti in posti chiave. «Uno vale uno», nella logica di una massa informe ed obbediente che finisce di essere un tritacarne di competenze e esperienze, che vengono sacrificate nella logica di un nuovismo movimentista e capriccioso. Aggiungerei anche il delirio della "democrazia diretta digitale" con quel marchingegno infernale che si è dimostrata la "piattaforma Rousseau", ora al tramonto con la fine dei Casaleggio padre e figlio con la loro visione impressionistica della democrazia che verrà. Un sorta di utopismo bizzarro e minaccioso, quasi una nuova religione. Diceva il grande Giampaolo Pansa: «Quando sento Grillo urlare, italiani, mi viene il gelo nel sangue, perché mi ricorda qualcuno che strillava la stessa parola con la stessa enfasi da un balcone di Palazzo Venezia». Esagerato? Forse la vis polemica di Pansa andava sempre molto diritta al cuore del problema. Ma è stato il più grande descrittore dei passaggi della Repubblica nei decenni cardine per la nostra democrazia e le sue perplessità suonano sempre più come profezie. Per fortuna senza un balcone finale e ormai questo si può dire. Ha ragione perciò Massimo Gramellini sul "Corriere della Sera": «Grillo continua a pensare a sé stesso come a un privato cittadino, la cui unica dimensione pubblica è quella del comico. Persino l'orrido video dell'altro giorno, se gli si toglie il volume, si trasforma nell'irresistibile macchietta di un vecchio burbanzoso e collerico».