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28 mag 2021

Le gride manzoniane del Coronavirus

di Luciano Caveri

La "grida" era una comunicazione ufficiale (disposizioni, editti, avvisi pubblici) emessa dall'autorità e "gridata" sulla pubblica piazza da apposito banditore. L'alfabetizzazione universale è storia recente e dunque nei secoli passati esisteva più l'orale che lo scritto. Le "gride" al plurale furono rese famose da Alessandro Manzoni nel suo romanzo "I promessi sposi", ambientato nel Ducato milanese del Seicento occupato dagli Spagnoli. L'autore ricordava - rifacendosi a testi scritti - che si trattava di disposizioni «spagnoleggianti», emesse con titoli altisonanti, con linguaggio contorto ed articolato anche nei dettagli, e dove venivano annunciate pene assai severe per coloro che non le avessero rispettate, ma che poi, nella realtà, venivano ampiamente disattese. Ne abbiamo avute anche in questo anno delle gride, prima "contiane" (Giuseppe Conte bicefalo), poi "draghiane" (Mario Draghi multicolor) in un misto di "Dpcm" e di decreti legge, cui si sono aggiunte le ordinanze regionali. Molto spesso si sono dettate regole assurde, immotivate e inapplicabili.

Una sottospecie di Diritto, difficile da capire, interpretare, applicare. Ci volevano poi circolari, interpretazioni verbali, applicazioni e disapplicazioni. Una sorta di Diritto barocco con linguaggio esoterico e a tratti grottesco. Comicissima la situazione ora dettata dal "Corriere della Sera" con Michelangelo Borrillo sui matrimoni. Eccolo: «Il protocollo per i ricevimenti dopo i matrimoni e tutte le altre funzioni civili e religiose (compresi battesimi, prime comunioni e cresime) ha avuto ieri l'ok definitivo dal "Comitato tecnico scientifico". E' arrivata la conferma - che gli operatori attendevano - che non sarà previsto alcun "tetto" agli invitati (in realtà c'è un limite altissimo di mille invitati), ma il numero di chi potrà partecipare alla festa sarà determinato solo dagli spazi a disposizione del locale. Confermata - con l'obbligo del "green" o "covid pass" - anche la data di partenza: il prossimo 15 giugno». Il limite a mille degli invitati sarebbe stata la ciliegina sulla torta! Altra assenza che limita il ridicolo nel proseguo dell'articolo: «Rispetto al primo protocollo recepito dalla "Conferenza delle Regioni", quello vidimato ieri dal "Cts" ha tolto l'obbligo del "covid manager" ogni cinquanta invitati». Sarebbe stato fantastico capire chi fosse il "covid manager": un maître del ristorante, il padre della sposa, il "wedding planner" che organizza la cerimonia, alla bisogna il prete celebrante?Ancora Borrillo: «Successivamente alla cerimonia occorrerà comunque mantenere l'elenco dei partecipanti per un periodo di 14 giorni. Così come resta l'obbligo, per gli ospiti, di misurazione della temperatura corporea all'ingresso, con accesso vietato nel caso in cui dovesse risultare superiore a 37,5 °C. Anche gli sposi dovranno avere il "covid pass", ovvero il certificato che attesta di essere stati vaccinati almeno con la prima dose (ma oltre i 15 giorni precedenti) o con la doppia dose, oppure di essere guariti o, ancora, di aver effettuato un tampone nelle 48 ore precedenti». Sfugge con esattezza chi controllerà. Arriveranno i Carabinieri o i "bravi" di manzoniana memoria? Chi vigilerà sulla temperatura dei singoli destinata per altro a salire sin dagli aperitivi? Proseguiamo la lettura: «E per tutti - anche in questo caso, sposi compresi - vige l'obbligo di indossare la mascherina (chirurgica o superiore) negli ambienti interni (quando non si è seduti al tavolo) e negli ambienti esterni (qualora non sia possibile rispettare la distanza di almeno un metro). Gli ospiti potranno non indossare la mascherina chirurgica nei casi di allontanamento dal proprio tavolo (per andare al bagno o al bar) a condizione di rispettare il distanziamento interpersonale di un metro nel caso di soggetti non conviventi. La festa è consentita anche al chiuso. Ma il protocollo raccomanda che lo svolgimento degli eventi sia, quando possibile, in aree all'aperto. Nel caso in cui debbano utilizzarsi ambienti chiusi va sempre garantito il ricambio d'aria». Armatevi di un metro e proseguite le lettura: «Per i tavoli adiacenti, considerando l'ingombro delle sedie, la distanza minima deve essere di almeno due metri per garantire il passaggio dei camerieri. Il protocollo consiglia, però, se possibile, una distanza di 2,5 metri. I tavoli devono assicurare il distanziamento interpersonale di almeno un metro: i classici tavoli tondi da otto persone lo garantiscono. Il buffet classico a "self service" non è consentito. E' possibile, però, organizzare un buffet con somministrazione da parte del personale incaricato: ma gli ospiti non potranno toccare quanto esposto». Vedo già vigilantes o suoceri che vigilano con aria impettita. Ma veniamo al meglio: «I fotografi dovranno indossare la mascherina chirurgica se a distanza inferiore ad un metro dagli invitati, mentre i gruppi musicali dovranno distanziarsi dal pubblico di almeno tre metri, qualora non provvisti di barriere anti-droplet. All'esterno si potrà ballare tranquillamente. Dentro il locale, invece, va garantita una superficie pro capite di due metri quadrati. Le pause danzanti, comunque, non potranno superare i quindici minuti». Questo particolare finale e piuttosto spassoso e obbligherà ad avere un cronometrista. E le bomboniere? Gli scienziati si sono occupati anche di questo (ma non del riso gettato fuori dalla chiesa e del bacio alla sposa). Così spiega l'articolo: «Un matrimonio che si rispetti termina con la distribuzione delle bomboniere: non sarà possibile prenderle da un tavolo comune all'uscita del locale, ma dovranno essere gli sposi a consegnarle ai tavoli. Solo allora - come già accadeva in era pre-covid - potranno finalmente riposarsi». Manzoni avrebbe avuto materia per Renzo e Lucia! Per altro anche allora c'era un'epidemia, ma di peste!