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31 mag 2021

Le nicchie inquietanti

di Luciano Caveri

Sono un uomo pieno di dubbi e non invidio chi manifesta solo certezze granitiche. Anzi, dirò di più, quelli che nelle discussioni non si spostano di un millimetro dalla loro posizione, come cavalli con il paraocchi, li trovo imbarazzanti. Loro sono il Verbo, il resto non conta. Molte di queste persone sono piene di cascami del passato, imbevuti di vecchi ideologismi, che trasformano le persone in soldatini obbedienti chiusi nelle caserme. Ma esistono fenomeni nuovi che lasciano stupefatti: nascono logiche settarie che non hanno neppure ampio respiro ideologico, ma sono nicchie persino inquietanti. Pierluigi Battista su "Huffpost": «Mi chiede: "Ma sei ebreo?". "No, perché?". "Difendi con tanta passione lo Stato di Israele, pensavo che lo fossi". E infatti, la logica tribale esclude che si possa sostenere un argomento solo perché lo si ritenga giusto. Se non appartieni, non hai in tasca il voucher che ti autorizza a parlare».

«Se non sei ebreo perché dovresti sostenere il diritto dello Stato ebraico di esistere e di difendersi da chi lo vuole annientare? - prosegue Battista - Non conta quello che dici, ma quello che sei, a cosa si appartiene, di quale tribù sei parte. Sei bianco e maschio? Allora non puoi tradurre le poesie di Amanda Gorman. J.K. Rowling difende l'identità biologica delle donne? Non è trans, e dunque è transfobica. Sei eterosessuale? Allora non puoi sollevare dubbi sul ddl Zan, chissà quali cattive intenzioni ti animano». Esempi calzanti che debbono far riflettere. E ancora nel solco della riflessione: «La fine della civiltà della discussione è anche nel fitto reticolo di interdizioni che rende sospetta la semplice espressione di un giudizio disinteressato. Di questo passo sarà impossibile avere un'opinione sulla giusta età pensionabile se non sei anziano, o sul reddito di cittadinanza se la tua dichiarazione dei redditi ti tiene fuori da una condizione di povertà. La fine delle ideologie granitiche non ha reso più laico il dibattito pubblico ma lo ha parcellizzato in mille frammenti di oltranzismo micro-ideologico: chi non fa parte della comunità non può capire, ogni sua parola è un'indebita intrusione. La civiltà della discussione esige un sano conflitto tra tesi diverse, con l'opinione diversa che non viene considerata un peccato, un attentato all'integrità della tribù, ma una sfida. Che costringe a pensare meglio, a difendere meglio le proprie tesi senza rifugiarsi nell'anatema e nel linciaggio tribale». Basta con logiche solo tribali, il confronto è vivo se si crede al confronto. Mi piace Bertrand Russel quando annota: «Non si dovrebbe mai esser certi di niente, perché nulla merita certezza, e così si dovrebbe sempre mantenere nelle proprie convinzioni un elemento di dubbio, e si dovrebbe essere in grado di agire con vigore malgrado il dubbio».