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22 giu 2021

Le discoteche

di Luciano Caveri

Ci sono fenomeni di costume che mi sfuggono e di cui bisognerebbe scavare le ragioni più profonde. Ogni epoca ha i suoi cambiamenti ed a questo ci si deve attenere. Leggo in questi giorni di due proteste dei gestori delle discoteche. La prima è una reazione al solito e lugubre ministro della Sanità, Roberto Speranza, che supportato dagli scienziati ha messo in coda alle aperture i locali da ballo e c'è stato anche un momento in cui ne avevano proposto la riapertura senza poter ballare. Come aprire un ristorante senza consentire di mangiare... La seconda reazione riguarda il fatto che si finisce per ballare in locali improvvisati, tipo bar, magari alla fine di quegli ormai interminabili "apericena" (la "merenda sinoira" piemontese ne fu la precorritrice!) e questo scandalizza le discoteche che ritengono si tratti di una concorrenza sleale.

Ora, al di là della emergenza pandemica e delle sue regole, quel che stupisce sta proprio nella crisi profonda della discoteca come divertimento di massa. Se penso alla mia giovinezza, che forse era in un arco temporale inferiore al concetto ormai usuale di giovane che si avvicina pericolosamente ai quarant'anni, ho una ricca e dettagliata mappa mentale delle discoteche in Valle d'Aosta e di laddove andavo in vacanza. Per entrare in discoteca (all'epoca era a quattordici anni l'età consentita) ero pronto a tutto, perché era quello il divertimento serale per eccellenza. Per bere alcolici credo ci volessero sedici anni, ma i controlli erano tenui e dunque si procedeva più per consuetudini che per legge, secondo il buon cuore prima del buttafuori o della cassiera per entrare e poi del barman per "consumare". Ma era il ballo a fare la differenza e non il "liscio" nel mio caso, ma quelli che chiamavamo "shake", che erano la quintessenza della libertà di... scuotimento. Ancora oggi se mi tocca ballare sono fermo lì con grande sfottò di certe movenze vintage di cui per altro vado fiero o forse non so fare di meglio. Così come sono irrimediabilmente fermo su quella categoria dello spirito che erano i "lenti", caposaldo di educazione sentimentale e di sconvolgimenti ormonali. Ho scolpite nella memoria piste da ballo, appostamenti al bar, sorrisi ed ammiccamenti e pure qualche indicibile tristezza quando le cose con la morosa non andavano bene. Sono questi i ricordi della vita che strappano di più il sorriso. Ora tutto questo mondo discotecaro è diventato minoritario e le forme di approccio e di divertimento si stanno trasformando e pare inutile indulgere a nostalgie ed a rimpianti del passato. E' patetico il tentativo, che io stesso ogni tanto interpreto, di spiegare, da vero "laudator temporis acti", quanto ci si divertisse di più un tempo rispetto all'oggi. Ma quella era la mia giovinezza e tutto appare nel ricordo giustamente colorato in modo sgargiante.