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02 lug 2021

La notte e il destino

di Luciano Caveri

Ho passato una notte all'ospedale al capezzale del piccolo Alexis (appendicite urgente) e questa circostanza inaspettata, frutto di un'emergenza, ti serve per un buon reset. Riposare su di una poltroncina è esercizio da fachiro e dunque le ore notturne sono in realtà di veglia e di mille pensieri. Specie se attraversate da quei rumori, odori, luminosità di un ospedale, che resta un mondo a sé stante dominato dalla malattia che aleggia in quel limbo fra paure e speranze. Nella stanza, quasi come un elemento incombente, appesi assieme ci sono un orologio che scandisce persino i minuti ed un crocefisso che segna, per chi crede, quel confine dopo la vita. D'altra parte Guido Ceronetti osservava il paradosso dell'ospedale, che è anche maternità: «Nascita e morte, l'ospedale si è preso l'alfa e l'omega».

Vedi com'è la vita: in questa sera ci doveva essere un momento speciale per festeggiare un anniversario e perciò mi baloccavo nei giorni precedenti sul menu e sui vini. Poi - per fortuna non grave - spunta l'imprevisto e tutto cambia in un solo istante e si aggiorna il programma, assecondando le circostanze. Osservava intelligentemente Arthur Schopenhauer: «I piccoli inconvenienti che ci tormentano ad ogni ora si possono considerare destinati a tenerci in esercizio, affinché nella fortuna non si afflosci del tutto la forza di sopportare i guai grossi» Già esiste una specie di graduatoria che sembrano scale da risalire: la rottura di scatole è il primo scalino, la tragedia è l'ultima e in mezzo ci sono tutti quegli avvenimenti che turbano la normalità che scorre pacificamente con l'irrompere di qualcosa che ne turba il corso. Difficile identificare il perché. Ha scritto, rispetto all'antica Grecia da cui molto origina, Valentina Felici: «Dietro il termine "destino" si celano il timore e lo sgomento che l'uomo prova dinanzi all'ignoto. Ciò che non conosciamo ci rende consapevoli dei limiti posti alla capacità dell'uomo di autodeterminarsi. La riflessione dei greci in merito al rapporto tra l'uomo e il kosmos è quantomai attuale poiché in ogni epoca gli uomini si sono interrogati sulla loro condizione di esseri mortali. Nella concezione religiosa greca il mondo appare organizzato secondo una struttura ordinata, caratterizzata da una sua finalità. All'uomo, tuttavia, non è dato di conoscere il corso degli eventi e, pertanto, di influenzare lo svolgimento degli accadimenti naturali. Ciò significa che non è possibile riportare le vicissitudini umane a cause razionali; il destino è, dunque, il simbolo dell'imprevedibile, dell'irrazionale». Già l'imprevedibile che è quanto accresce la nostra curiosità e dunque nella cronaca nera quotidiana affondiamo in modo scaramantico le nostre preoccupazioni per quello che potrebbe accadere. Il fatto di osservarli certi fatti, essendone immuni e distanti, assume un’evidente connotazione consolatoria. Sono paure legittime che spingono molto nella speranza, sotto diverse forme, di farsi predire il futuro. Seduto qui questa sera, nel sonno che non viene perché c'è posizione che tenga, mi vien da sorridere per chi gioca con oroscopi, tarocchi, sedute spiritiche, cercando un appiglio a cui appendere in sicurezza la propria vita. Illusioni.