December 2009

La morte del codice a barre

Un insolito codice a barreIl caso ogni tanto ci mette lo zampino. Qualche giorno fa, passando da alcuni acquisti effettuati in un grande magazzino al "gate" di un volo aereo, con carta d'imbarco acquisita via Internet, riflettevo sull'invasività del codice a barre.
Concepito una sessantina di anni fa, questo strumento di riconoscimento appare ormai dappertutto con un crescendo nell'ultimo trentennio.
Scopro oggi, leggendo un settimanale, che il codice a barre è moribondo: il suo sostituto - spiegato e commentato nei dettagli, compresi i programmi da scaricare sui telefonini - sarà il "Quick reponse" (QR Code) e questo disegnino in bianco e nero, erede delle strisce precedenti, conterrà una marea di dati, "leggibili" con il portatile attraverso la sola immagine.
Non fai in tempo ad affezionarti...

Il peso delle scelte

Uno dei tavoli degli incontri di Cop15A Copenaghen, per il summit mondiale sul clima, ci andranno tutti leader mondiali. Sugli esiti vedremo, anche se il compromesso sarà di certo al ribasso nello scontro sempre più violento fra gli assertori del riscaldamento globale, che indicano nelle attività umane la responsabilità dei cambiamenti in atto, e i negazionisti che contestano certi dati pessimistici e ridimensionano il ruolo umano in quanto avviene.
Per una piccola realtà alpina come la nostra, situata geograficamente nella celebre "banana" europea che designa una delle zone al mondo a maggior sviluppo da moltissimi anni con tutte le "aggressioni" conseguenti sull'ambiente naturale, poco cambia: la realtà è che fra qualche decennio daremo addio ai nostri ghiacciai con grandi conseguenze sulla vita della nostra comunità.
E' vero che questo è già avvenuto in passato, ma con ritmi lenti cui l'autarchica società contadina si adeguò e così la rete viaria che traversava la Valle grazie ai colli.
Per cui, al posto di litigare, sarebbe bene che Copenaghen indicasse soluzioni comunque ragionevoli e fra queste mi sentirei di indicare la ricerca sui cambiamenti climatici e le loro conseguenze, sapendo che anche da noi, dal problema dell'acqua a quello della difesa del suolo, dalle conseguenze sul turismo alle trasformazioni dell'agricoltura, dalle scelte energetiche all'impatto alle scelte trasportistiche, c'è molto da fare!

Sant'Ambrogio

Quello che era l'ingresso del Galion a ChampolucChe belli quei molti anni passati, ogni giorno di festa durante la stagione sciistica, a Champoluc. Esisteva una "compagnia" che mischiava turisti di ogni provenienza con noi "locali". Si sciava forte e la sera grandi divertimenti, specie attorno all'ormai sparita discoteca "Galion".
L'inizio, a parte gli anni prima dell'Ottanta, quando spesso si sciava già a novembre, è sempre stato Sant'Ambrogio, patrono per gli amici milanesi.
Mi pare che, con quel po' di neve che è arrivata, la stagione sia partita bene e ora la grande attesa è per le vacanze natalizie, che - con la "crisi" dello sci a fine stagione - è sempre più il periodo topico.

Mercatini di Natale

La bancarella di un mercatino di NataleI "mercatini di Natale" mettono allegria e in sostanza ricalcano quel concetto vasto di fiera, che crea subito aggregazione in un misto che mette assieme di tutto un po' fra oggetti da comprare e cibarie e bevande varie. 
I più belli in assoluto sono, nella mia esperienza personale, Strasburgo e Bolzano. Entrambi situati in centri storici suggestivi, vivono nel solco di una tradizione germanica secolare, che mostra l'esistenza di un "fil rouge" fra il Natale cristiano e le feste precedenti.
Di recente ho visitato il mercatino di Montreux, in un ambiente particolare tra lungo lago e centro, carino ma - sotto il profilo espositivo - non memorabile, tranne gli stand del Canada, ospite d'onore di quest'anno. 
Aosta, dopo vari tentativi, sta forse trovando una sua dimensione con il suo mercatino, che chissà se nel tempo diventerà tradizione, visto anche il successo che mi pare abbia.
Certo è che la voglia di dare una dimensione corale e gioiosa al Natale è una costante e forse, in una crisi economica che ancora crea preoccupazione, c'è ancora più voglia di avere in questa festa un punto di riferimento.

Charaban

Un'immagine dello Charaban in onda su RaiVdAQuesta settimana - dal lunedì al giovedì - la programmazione regionale di "RaiVdA" su "RaiTre" propone, dopo alcuni anni d'assenza dai teleschermi, lo "Charaban", la compagnia patoisante storica in Valle d'Aosta, capofila di un fenomeno interessante di utilizzo dei patois attraverso diversi gruppi teatrali sparsi in molti Comuni.
Si tratta di un'espressione originale che dimostra la vitalità linguistica del francoprovenzale e mi fa piacere che gli ascolti televisivi dello "Charaban" mostrino un gradimento del pubblico, immaginando pure che il "campione Auditel" contenga persone che hanno difficoltà di comprensione.
Il teatro in televisione non è facile, ma devo dire che la qualità delle riprese e il buon ritmo delle commedie sono una sicurezza. Per altro, rispetto alla maratona dal vivo, lo "spezzettamento" in quattro spazi di trasmissione consente una visione meno impegnativa e questo a vantaggio di una diffusione di una genuina espressione della nostra cultura.

La parolaccia

L'interno del Castello di IssogneMi aveva molto divertito leggere che nei graffiti, stratificatosi nei secoli sulle pareti del castello d'Issogne, ci fossero delle parolacce. Per cui l'uso odierno - o forse l'abuso - è nel solco delle tradizioni...
Da ragazzino, ad esempio, ero incuriosito dai miei amici imperiesi per l'utilizzo, assai ripetitivo, dell'interiezione «belin», che mostra - rispetto al patois che è abbastanza scevro da l'uso ripetuto delle parolacce - un uso dialettale divertito di un'esclamazione che naturalmente con l'uso perde, come in questo caso, il riferimento all'organo maschile o (penso a certi lombardi) all'organo femminile. Sono queste due - pur a seconda delle zone e in infinite varianti che ricordo snocciolate da Roberto Benigni - le espressioni colorite che più si utilizzano nelle lingue locali o nell'italiano nelle sue molte varianti.
In politica si usano le parolacce? Gianfranco Fini lo ha appena fatto, non a caso di fronte ad un platea di giovani, definendo «uno stronzo» chi è razzista, probabilmente per trovare un'assonanza linguistica con quel pubblico. Comunque l'uso esiste e ricordo, in certe agitate sedute della Camera, come la Presidenza richiamasse chi nella foga si faceva scappare l'insulto o l'espressione salace, fedelmente riportate da quegli artisti della trascrizione che sono sempre stati gli stenografi parlamentari, ben prima delle registrazioni.

Una deriva

Il premier Silvio BerlusconiIo non capisco - e non è una logica di schieramento per partito preso, visto che in privato (e Gianfranco Fini in pubblico...) molti esponenti del centro-destra concordano - dove voglia andare Silvio Berlusconi con le sue periodiche esternazioni, invocando, a sua copertura, la benedizione popolare, come se fosse un viatico contro ogni regola costituzionale.
Che in un'assise internazionale, dove non gode di grandi favori, il premier "si lasci andare" colpisce ancora di più. E il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, pur con stile britannico, replica con decisione. 
Questo clima non mi piace, perché puzza di un desiderio di autoritarismo, che resta un male da cui guardarsi. Mi auguro che i valdostani ci ragionino di fronte a questa deriva che in altre circostanze farebbe ridere, invece intristisce. La legittimazione popolare, specie pensando a come certi voti si "acquistino", ha come limite il rispetto delle regole democratiche e l'eventuale appello al voto anticipato - per un nuovo sì del popolo - non cambia nulla.

Un centenario in buona salute

La copertina del Messager ValdôtainQuest'anno ho avuto il privilegio, alla "Tipografia Valdostana", di vedere il "Messager Valdôtain" - ora in edicola - nella fase di lavorazione, prima che una modernissima macchina di stampa completasse l'opera. Questo almanacco, forze l'unico sopravvissuto in Italia in questo filone, resta vigoroso alla vigilia dei cent'anni e, tranne una breve assenza alla fine della Seconda guerra mondiale, ha scandito l'ultimo secolo dei valdostani e, scorrendo la collezione storica edita alcuni anni fa, ho ritrovato notizie interessanti e curiose.
C'è un aspetto che mi diverte e riguarda le previsioni del tempo del calendario, che sono oggetto di culto per molti, della serie «il "Messager" lo dice!». Ovviamente nessuno può prevedere quale sarà la meteo a così grande distanza, per cui le previsioni hanno l'improbabilità degli oroscopi, ma sono una presenza rassicurante.

Caleidoscopio 15 dicembre

L'attuale sede della Rai della Valle d'AostaTrent'anni per "RaiVdA". Questo l'argomento di "Caleidoscopio" in onda martedì su "Radio1" alle 12.35 negli spazi della programmazione regionale.
Le testimonianze consentiranno di tornare al 1979.
La prima sarà quella di Daniele Amedeo, giornalista che per primo si trovò a condurre il telegiornale regionale. Ricorderà il passaggio fra radio e televisione.
La seconda è quella di Livio Forma, radiocronista di "Tutto il calcio minuto per minuto", allora giornalista del regionale.
Massimo Boccarella, invece, racconterà del telegiornale pubblico visto, quel 15 dicembre, da chi - come me - lavorava per "RTA", la televisione concorrente.
Elio Stacchetti e Feliciano Sartore: furono intervistati trent'anni fa e ricordano di allora, parlando dei cambiamenti avvenuti in Valle.
In linea con l'argomento Christian Diémoz.
Che bello quando avevo vent'anni!

Minareti e dintorni

Gli svizzeri hanno deciso: no ai minareti, cioè non potranno più sorgere quelle specie di campanili affusolati vicino alle moschee.
La scelta, che ovviamente non incide sulla costruzione delle moschee in ossequio alla libertà religiosa, che è incisa nel Dna della Svizzera e nella sua Costituzione, ha aperto in tutta Europa una vasta discussione.
In gioco non è il fatto preciso, ma la nettezza di un pronunciamento popolare su un tema che finisce per essere incentrato sui diritti degli emigrati (per noi "immigrati") islamici e sulla loro volontà di integrarsi nella società che li ha accolti.

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