luciano's blog

Mucche da export

mucche_riposano.jpgLa storia dell'addomesticamento e della lunga convivenza uomo-animale fra le mucche di razza valdostana e i valdostani è degna di un film a puntate, che attraversi i millenni con tutte le trasformazioni della zootecnia. Mi sfugge, però, il significato delle decisioni recenti che prevedono una logica di conquista di nuovi territori.
Che ci fossero bovine valdostane in Piemonte era comprensibile, che si fossero spinte in allevamenti ad Imperia interessante, che persino in Marocco sui Monti dell'Atlante ci fosse stata qualche esportazione di capi era nelle cose, ma che oggi si immagini una "stalla modello" valdostana in Romania (studiata, studiatissima...) con mire sugli alpeggi dei Carpazi apre il cuore ma fa vacillare il portafoglio.
Al momento della partenza, tutti a salutarle con il fazzoletto in mano.

Lucolani e valdostani

lucoli_viale_vda.jpgLa presenza della Valle d'Aosta nel Comune abruzzese di Lucoli, derivata dalla casualità dell'emergenza, è stata alla fine una circostanza positiva.
Un paese che ha un vasto territorio montano, salendo sino ad alta quota, e dove il carattere dei locali risente di un'antica cultura rurale appenninica, che ha analogie con la nostra identità alpina. Per questo anche i nostri uomini (e donne!) della Protezione civile lavorano bene e direi con grande partecipazione umana, spesso venata dalla commozione, di fronte ad una popolazione composta da molti anziani.
Prevale nelle persone una paura delle scosse che non appare per nulla attutita dalla lunga storia di drammi derivanti dai capricci del terremoto, che questa terra e i suoi abitanti si portano dietro da secoli.

Una stella cadente

emile_chanoux.jpgSessantacinque anni fa moriva Émile Chanoux. La sua fu l'uccisione dell'esponente valdostano di maggior spicco dell'antifascismo locale per la sua visione prospettica, il carisma naturale e la capacità organizzativa. Il suo martirio ha assunto un valore ideale e una forza che hanno attraversato il tempo, come solo i simboli sanno fare.
Ritrovo in alcune carte di mio zio Émile Caveri, internato poi in Germania e ingegnere alla "Cogne" nel dopoguerra, alcune missive inviategli da Chanoux nel periodo del militare, che testimoniano dell'uomo - in questo caso dell'amico - nella sua quotidianità. Una dimensione privata che con la dimensione pubblica e quella politica ci restituiscono l'immagine di una persona che diventa un esempio malgré lui, nel senso che avrebbe certamente desiderato vivere e restare il faro della libertà reclamata dai valdostani. Infatti la sua dimensione eroica è scevra della retorica - che nulla avrebbe avuto a che fare con il federalismo personalista - di una "bella morte" e ha la sua incisività nell'evidenza scolpita nella nostra storia di una parabola drammatica, con la lucentezza di una stella cadente nel buio di un regime dittatoriale, di chi sa morire, con la tenacia di una dirittura morale, per difendere le proprie convinzioni.

Lettori di carta

fiera_del_libro_vda.jpgMi fa piacere quando certi miei pessimismi - invecchiando sto diventando brontolone? - svaporano di fronte a buone notizie.
E' il caso del mercato del libro: leggo che dalla "Fiera internazionale del Libro" di Torino emerge un quadro positivo dell'editoria, che si sostiene essere appena sfiorata dalla crisi economica, e soprattutto sostenuta da una buona propensione alla lettura.
Non lo avrei mai detto e avrei semmai scommesso sul contrario, parendomi invece crescente il numero dei "non lettori" o dei lettori con il contagocce.
Sarà che predicare l'ottimismo è il Verbo di moda, ma mi sfuggirebbe in questo caso il vantaggio di dipingere di rosa la situazione.

Ricordi

l_aquila_palazzo_governo.jpgNon ho conosciuto mio nonno René Caveri, morto a 81 anni nel lontano 1948. Prefetto di carriera, per la sua mancata adesione al fascismo, divenne poi, rientrando ad Aosta, Direttore amministrativo dell'Ospedale Mauriziano.
L'anedottica familiare dà conto delle sue peregrinazioni attraverso l'Italia come già era capitato a suo padre Paul - e mio bisnonno - nel corso di un'analoga carriera prefettizia, che lo portò in Valle.
Mi colpiva da bambino il ricordo di mio zio Severino del breve soggiorno in Abruzzo (bellissime montagne e tante pecore!), quando il nonno fu per circa un anno, dal 1919 al 1920, Prefetto dell'Aquila.
Oggi, nello spettrale centro dell'Aquila, disabitato dopo il terremoto, spicca - perché pressoché raso al suolo - il Palazzo del Governo, dove il nonno con la famiglia abitò in quel breve periodo.

La tratta dei disperati

clandestini.jpgNel gran parlare del flusso dei disperati dei "barconi" all'assalto dell'Occidente, mi pare che manchi un tassello. Questi clandestini, che lasciano Paesi un tempo ipocritamente descritti come "in via di sviluppo" e che in realtà sono sempre più poveri e privi di elementari principi democratici, sono anzitutto le vittime di organizzazioni criminali che si arricchiscono con i dolori e le speranze altrui, spesso facendoli finire in pasto ai pesci o, come avviene ora, destinandoli persino ad una andata e ritorno grottesca nei suoi meccanismi che non stroncano il traffico. Sarebbe bene che su questo punto, fra le mille divisioni che si evidenziano sulle misure per rispondere a questa tratta di esseri umani, ci fosse una vera reazione internazionale o almeno europea, cercando i responsabili.
Mettere in galera chi specula sulle disgrazie dei poveri del mondo e li carica sulle imbarcazioni verso un improbabile Eldorado sarebbe almeno un segnale. Risolvere il problema vuol dire, ma ci vorrebbe ben altro spazio, riflettere sul rapporto Nord-Sud.

Un fantasma in Europa

mano_che_vota.jpgUn fantasma si aggira per l'Europa: l'astensionismo per le elezioni europee. Dopo trent'anni di elezioni democratiche, giunti alla settima elezione, dovunque il dibattito è fiacco e la percezione di uno spazio politico europeo insufficiente.
Chi, come me, ha vissuto il lavoro del Parlamento europeo e oggi ha un osservatorio privilegiato nel Comitato delle Regioni può dolersene e ritenerlo ingiusto, ma ciò non modifica la realtà di un'Europa che resta distante dai cittadini.
In Italia poi i temi europeistici di rilievo sono ancora più distanti per il prevalente interesse verso la politica nazionale, mentre in Valle d'Aosta, malgrado il crescente numero di candidati segno di divisione quando ci vorrebbe coesione, la totale assenza dei media per volontà o per mancanza di spazi di confronto obbliga a ricorrere solo ai comizi dove i politici parlano a militanti già convinti, tipo allenamento di una squadra di calcio o messa cantata per i fedeli.

Un abbraccio, Achille

compagnoni.jpgEro molto affezionato ad Achille Compagnoni, che avevo conosciuto in numerosissime occasioni, e che è mancato purtroppo nelle prime ore di questa mattina.
Valdostano d'adozione, grande alpinista e longeva personalità della montagna, anche in età anziana non mancava con generosità di ricordare le molte vicende della sua vita, prima fra le quali la prima del K2 che gli aveva dato fama mondiale, anche se una serie di successive polemiche lo avevano amareggiato non poco.
Non ci voglio tornare adesso. Oggi bisogna ricordare questo montanaro, legato alla sua Breuil-Cervinia, che aveva subito - lo ricordo quando ero ragazzo e veniva a Verrès con il suo amico Gianni Bonichon - la tragedia della perdita di un figlio, Maurizio.

La dignità

camillo_benso.jpgCi sono concetti che di tanto in tanto è bene evocare per potersi specchiare ogni mattina. Alla difesa dell'Autonomia speciale della Valle d'Aosta bisogna crederci e considerarla come valida in sé, espressione della nostra identità e del percorso storico della nostra comunità. Usando una celebre frase di Camillo Benso Conte di Cavour: «Il primo bene di un popolo è la dignità».
La nostra Autonomia non è mai stata - nelle diverse tipologie attraverso le differenti epoche - un'espressione solitaria, ma è sempre stata inserita in un sistema politico che prescinde in parte dalla nostra volontà e dunque ci ha sempre obbligati alla negoziazione, spesso a muso duro, sapendo bene dell'esistenza di un principio dinamico insito nell'autonomia.
Certo è che, ad essere fautori della nostra dignità, dobbiamo essere in primis noi valdostani ed è un lavoro che non penso proprio dovremmo assegnare ad altri.

Muri

muro.jpgI muri in pietra sono, in una Valle d'Aosta verticale, una delle basi della nostra civiltà alpina. Ogni angolo, anche nella zona più remota, era dominato da pietre accuratamente impilate, essendo queste opere necessarie per tenere su la montagna e ricavare nuovi spazi per la coltivazione.
Oggi la manutenzione di questo sistema è difficile per l'abbandono di una parte del territorio. I finanziamenti colossali a favore del sistema dei Consorzi riguardano un complesso di lavori più vasto e in certi casi persino opinabile. Se crescono muri e muraglioni su strade di ogni ordine e grado, nella parte più diffusa e tradizionale del territorio si registrano incuria e crolli anche con il ridursi al lumicino o l'assenza delle tradizionali corvées.
Per altro, manca persino la manodopera locale, che un tempo con maestria lavorava i muri a secco.

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