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30 nov 2020

Silenzio e dolce far niente

di Luciano Caveri

Sintetico sarò sintetico, perché mi occuperò di stati d'animo che svolazzano nei miei pensieri. Nello stress generale è come se certi sentimenti si mettessero a fuoco più del solito. Il diritto al silenzio e quello al dolce far niente ("farniente" en français), dottamente "ozio", dovrebbero comparire, anche in coppia, in una Costituzione degna di questi tempi. Viviamo infatti in un continuo vociare per colpa nostra personale e collettiva. I momenti di pausa in silenzio si fanno sempre più rari e oggi siamo persino costretti a stupirci di quando stiamo tranquilli in un ambiente senza suoni. Eppure è così bello, interiore e contemplativo, quel silenzio diurno (quello notturno è già sonno) che consente di concentrarsi di pensare senza radio, musica, chiacchiere e parole che ci investono di continuo.

Scriveva il grande poeta Edgard Lee Masters: «Ho conosciuto il silenzio delle stelle e del mare, il silenzio dei boschi prima che sorga il vento di primavera. Il silenzio di un grande amore, il silenzio di una profonda pace dell'anima Il silenzio tra padre e figlio e il silenzio dei vecchi carichi di saggezza». L'altro è il far niente. Chissà se è uno male temporaneo, ma non so se siamo in qualche modo consapevoli di che cosa ci stia capitando con questo incalzare di telefonate, messaggi, "Whatsapp", mail che inghiottiscono il nostro tempo. Strumenti preziosi che ci connettono con il mondo, ma che diventano la nostra schiavitù in ogni ora e in ogni minuto. Ciò avviene con un incalzare impressionante e lo stesso vale per le videoconferenze che ormai sono un tormentone che non ci consente mai di spegnere il nostro cervello. Vi è una sorta di assalto e di invasione, che ci rende frenetici e in fondo meno liberi. Mino Maccari sapeva scherzarci sopra: «L'attività del cretino è molto più dannosa dell'ozio dell'intelligente». Ed Eugenio Montale giocare con le rime: «Se anche si scoprisse Il come e il perché Dell'universo Venire al mondo Sarebbe tempo perso».