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07 dic 2020

Chiusura forzata degli alberghi in montagna?

di Luciano Caveri

Non è nemmeno più un problema politico ma antropologico. Cosa spinge il Governo Conte e i ministri chiave per la pandemia (alla Sanità Roberto Speranza e alle Regioni Francesco Boccia) a spingersi sino a pensare di chiudere (chiudere!) gli alberghi in montagna in periodo natalizio? Già la scelta di non far aprire gli impianti a fune, respingendo le intelligenti proposte regionali che evitavano il pendolarismo della neve a vantaggio dello sci per chi era in alberghi, seconde case e per i residenti, era apparsa una scelta spropositata. Ora spunta la chiusura forzata degli alberghi a Natale. Già molte strutture senza lo sci avevano scelto di restare chiuse, ma chi comunque offriva ospitalità per una vacanza montana alternativa si trova ora di fronte ad una scelta punitiva e illogica e soprattutto imposta senza diritto di replica e già con la "spada di Damocle" del blocco del traffico fra Regioni altrettanto letale.

Facile pensare al "liberi tutti" per il turismo estivo sulle spiagge italiane. In quel caso il Governo Conte, evidentemente più attento al Sud che al Nord (lo scrivo con viva preoccupazione per questa evidente frattura), era stato generoso per poi piangersi addosso, scoprendo quanto gli eccessi senza alcuna regola fossero stato detonatore della seconda ondata. Il gioco dei colori (rosso, arancione, giallo), che spesso trascende i dati reali e insinua sospetti di favoritismo fra Regioni, cela gravissime colpe del Governicchio nazionale in carica, che ha dimostrato e dimostra dilettantismo ed improvvisazione. Ma l'assunzione di colpa non c'è mai e le Autorità regionali e comunali, le uniche in trincea dall'inizio della pandemia, diventano incapaci e cattivi allievi cui dettare, con sgangherati "Dpcm", le linee come si farebbe con bambini dell'asilo. Ma le Alpi sono diventate, per i cattivi maestri, terreno di particolare accanimento. Le Autorità locali e la democrazia di prossimità, che conoscono territori e problemi con cui vivono ogni giorno, sanno le notizie guardando la televisione o sui giornali, come avviene per la chiusura degli alberghi in montagna. Assistiamo ad uno stravolgimento autoritario della democrazia e del regionalismo a colpi di decreto. Manca il principio di leale cooperazione: "Roma doma", come diceva uno slogan fascista e si impongono misure mai discusse e si invocano per i trasporti nella scuola i «Signori Prefetti» e i loro poteri sostitutivi. Inno al centralismo ed alla logica borbonica di larga parte del Governo, che nulla ha a che fare con antiche logiche di autogoverno di realtà come la Valle d'Aosta. In sostanza i governanti locali sono un branco di incapaci che devono essere guidati dal "Governo Brancaleone" capeggiato dal premier Giuseppe Conte, che senza alcuna esperienza si trova a guidare l'Italia in piena pandemia ed appare in televisione la notte per illustrare le regole come fosse un monarca medioevale che dispensa saggezza ai sudditi. I montanari sono probabilmente considerati gli ultimi della fila, guardati con malcelato fastidio. L'ultima Provincia dell'Impero, neppure interlocutori politici, cui regolare la vita e compromettere l'economia, che non è fatta solo di ristori frutto di indebitamento senza scadenza, ma di meccanismi che contemperino lotta al virus ed attività che possano mantenersi in vita. Mala tempora currunt e c'è da sperare che il Presidente Sergio Mattarella dal Quirinale blocchi questa storia avvilente ed a tratti eversiva dei principi democratici.