Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
21 dic 2020

Torneremo a guardare le stelle

di Luciano Caveri

Un giorno racconteremo di questi tempi grami con la distanza necessaria per un esame più quieto dei fatti. Oggi io stesso non ho sangue freddo, anzi sono caldissimo non solo nel guardarmi attorno con mestizia per i dati che restano allarmanti e non tutti se ne accorgono. Ma brucio anche di fronte al continuo mutare di umore e di norme che arrivano da Roma e anche ad Aosta non è facile star dietro a certa capricciosità condita da una prosa giuridica che lascia basiti. Io nella vita ne ho sentite di storie tristi: il nonno paterno con le guerre di Libia e la Prima guerra mondiale, mio papà, mia mamma, i miei zii con varie vicende della Seconda guerra mondiale. Poi esiste la letteratura, cui mi sono abbeverato e sappiamo bene come - e ciò avviene anche con la cronaca nera - i grandi drammi, per non dire della tragedia classica, abbiano consentito pagine memorabili. Quale meccanismo scatta rispetto ad aspetti cupi?

Forse esiste, nel guardare lati oscuri già presenti nelle favole e nelle leggende, un aspetto consolatoria e talvolta il lieto fine che scioglie le tensioni. Per volgarizzare questa storia della preoccupazione e della paura è la stessa molla che ci spinge nei posti spaventosi dei "Luna Park" o nella visione o nella lettura di thriller. Mai la mia generazione era stata posta di fronte ad una pandemia. Anzi, sono un convinto vaccinista perché con i miei coetanei ho visto sparire malattie come la tubercolosi o la poliomielite, che sono state malattie che colpirono durissimo anche in Valle d'Aosta e ne ho ancora viste le conseguenze su amici e conoscenti. Ma poi c'è la Storia: ricordo la grande pestilenza che nel 1630-1631 devastò la Valle d'Aosta, l'Italia e parte dell'Europa; il colera che ci colpì nel 1835; all'inizio del XX secolo l'ultima grande epidemia fu quella anche in Valle della cosiddetta "spagnola". Ma, lo ripeto, i figli del "baby boom" hanno vissuto in Occidente in anni senza l'incombenza di epidemie. Non che altrove non ce ne fossero, ma da noi nulla di così terribile incombeva. Forse aveva ragione Esopo, quando ammoniva: «Nessuno deve pensare che, nel corso della vita, tutto debba sempre andargli bene, perché la sorte è volubile e dopo un lungo periodo di sereno è inevitabile che venga il brutto tempo». Già, la sorte! Oggi nei panni di un microscopico virus che si insinua, mostrando come alle nostre beghe umane, personali o collettive, si somma quanto dal passato più remoto ci siano la miriade di nemici dell'umanità. Lo scrittore russo Michail Afanas'evič Bulgàkov può servire per chiudere: «Tutto passa. Passano le sofferenze e i dolori, passano il sangue, la fame, la pestilenza. La spada sparirà, le stelle invece resteranno, e ci saranno, le stelle, anche quando dalla terra saranno scomparse le ombre persino dei nostri corpi e delle nostre opere. Non c'è uomo che non lo sappia. Ma perché allora non vogliamo rivolgere lo sguardo alle stelle? Perché?». Le stelle, le montagne, il mare, gli amici, l'amore, i sogni. La normalità, insomma.