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23 feb 2021

"Baruffe chiozzotte" e «Cogne roudze Cogne»

di Luciano Caveri

Ci sono volte in cui uno non sa bene da dove si possa cominciare, perché il flusso dei pensieri zampilla da solo. Così si potrebbe circoscrivere con un vecchio modo di dire: "tutto il mondo è paese". Questo motto proverbiale è usato in genere con connotazione negativa. In sostanza si dimostra che certi difetti attribuiti a piccole comunità sono validi dappertutto, perché connessi all'animo umano e quindi presenti praticamente ovunque e a tutte le scale di grandezza. Ciò implica che la natura umana e le sue varianti finiscono per avere una medesima radice, per quanto questa constatazione non sia consolatoria. Meglio non rassegnarsi, quando la posta in gioco è importante e bisogna capire meglio le cose. Così emergono altre espressioni che mostrano l'universalità dell'umanità nei suoi comportamenti. Una collegata ad un posto che visitai, affacciato sulla laguna di Venezia, Chioggia.

Lì si svolge una commedia scritta in veneziano, nella variante dialettale di quel paese di pescatori, da quell'interprete straordinario dei sentimenti umani che fu il grande commediografo settecentesco Carlo Goldoni, che pure ci abitò. Mi riferisco a "Le Baruffe chiozzotte" (chioggiotte), che mette in scena le schermaglie amorose di un gruppo di famiglie di pescatori. Dice Goldoni: «Il termine baruffa è lo stesso nel linguaggio chiozzotto veneziano, e toscano. Significa confusione, una mischia, un azzuffamento d'uomini, o di donne, che gridano, o si battono insieme». Viene in mente un'espressione che descrive anch'essa certe logiche di divisione e di lite di paese, ma questa volta sulle nostre montagne e non al mare. Mi riferisco a quel «Cogne roudze Cogne» («Cogne rosicchia Cogne»), usato da quella bizzarra personalità che fu nella stessa epoca di Goldoni quel César-Emmanuel Grappein, che con le sue azioni innovatrici e talora discutibili sortì polemiche e liti specie nel suo paese natale. Ebbene, l'uso proverbiale di questa espressione, quasi una maledizione, si è espanso in tutta la Valle d'Aosta a dimostrazione che anche da noi alberga il rischio di dividersi e di farsi del male in un polemica continua, che finisce per avvelenare tutto e far perdere tempo in querelles infinite. Ma se in generale ci sono momenti in cui a questa storia ci si può rassegnare, ce ne sono altri in cui è meglio non farlo. Come penso sia il caso odierno, in cui la pandemia resta e con conseguenze immediate e future cui far fronte in un clima di incertezza. Ebbene, sarò un ingenuo, ma pensò davvero che in epoche come queste bisognerebbe diminuire pressione e temperatura nel confronto politico anche nella nostra piccola Valle. Non per un generico richiamo alla "mozione degli affetti", bensì per un crudo realismo a fronte delle emergenze da affrontare e dello scenario difficile in cui bisognerà ricostruire fiducia, speranze ed un quadro economico e sociale che necessita di tenere conto della situazione avversa. Bisognerebbe avere la forza e la capacità di aggregare e di non dividere, altrimenti tutto diventerà più difficile oggi e domani.