Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
18 feb 2023

Gli eredi Agnelli e lo sciopero dei loro giornali

di Luciano Caveri

Alla mattina leggo, come base poi scorro anche la rassegna stampa del lavoro e giornali francesi, La Stampa, La Repubblica e il Corriere. I primi due vanno maluccio come vendite. Scriveva con i dati più recenti Professione Reporter: ”Sempre negativi i conti del Gruppo Gedi. La Repubblica segna un altro meno 11,6, La Stampa meno 11,3, Il Secolo XIX meno 11,5, rispetto al dicembre dello scorso anno. Un trend che prosegue da quando si è installata la nuova proprietà nel 2020”. Bene, invece, il Corriere dalla stessa fonte: ”Il Corriere della Sera, Gruppo Cairo, diretto da Luciano Fontana, vende, nell’ultimo dicembre, 256.069 copie al giorno, quasi il doppio di Repubblica (che è a 133.723), quasi tre volte della Stampa (93.012)”. Non è un caso se gli eredi Agnelli hanno cominciato ad avere strane idee, che hanno portato oggi i giornalisti ad uno sciopero quest’oggi. Sempre Professione Reporter: “Sono in vendita Repubblica, Stampa e Secolo XIX? L’amministratore delegato del Gruppo Gedi, Maurizio Scanavino, ha detto: “Di perimetri non parlo più”. Per il Coordinamento dei Comitati di redazione dei giornali editi dal presidente John Elkann è ormai chiaro che sono sul mercato tutti i giornali: dipende solo dal manifestarsi di un compratore con sufficienti risorse”. Continua l’interessante fonte on line, che si occupa con brillantezza dell’informazione: “In un comunicato il Coordinamento dei Cdr afferma che “la logica del vantaggio economico si è rapidamente sostituita a quella dell’interesse per i territori e l’informazione, per la quale tutte le giornaliste e i giornalisti hanno lavorato in questi anni. In un libero mercato la proprietа ha certamente facoltа di vendere – pur assumendosi la responsabilitа di disperdere l’eredità di un gruppo editoriale che ha fatto la storia dell’informazione in Italia, proiettandosi per primo e in posizioni di primato anche nel mondo della comunicazione digitale – ma avendo ben chiaro che l’informazione libera e il pluralismo sono un bene sensibile essenziale alla democrazia. Serve massima trasparenza su chi ne avrà la futura proprietа e garanzie sul rispetto dei diritti di lavoro dei dipendenti” “. Sarebbe interessante capire, nel caso se La Stampa venisse ceduta, che fine farebbero le nostre pagine regionali, rimaste le sole dedicate alla Valle d’Aosta dopo la chiusura nel lontano 1983 del secondo quotidiano torinese, La Gazzetta del Popolo. Ancora Professione Reporter: “Nell’incontro del 15 febbraio fra Cdr (l’organo sindacale, Comitato di Redazione) e Scanavino nessuna risposta, inoltre, è arrivata alla domanda fondamentale: “Perché comprare il primo gruppo editoriale italiano e farlo a pezzi nel giro di tre anni?”. Il Coordinamento ha evidenziato la mancanza di piani industriali, i passi indietro su affermazioni recentissime e il doppio ruolo di Scanavino, ad in Gedi e Juventus: Scanavino aveva assicurato essere di natura temporanea, ma ora durerà finché “non saranno messe a posto le situazioni problematiche” della squadra. Rispetto al conflitto di interessi, l’ad ha spiegato che “sono questioni personali che sto gestendo bene” e che “sul piano giornalistico potete sentirvi liberi di scrivere quello che volete” “. Si fanno grandi discorsi sulle edizioni digitali, ma chi guarda i siti di La Stampa constata l’assoluta somiglianza del prodotto. Dice l’articolo: “L’editore ha rivendicato una serie di risultati, a cominciare da “una transizione al digitale sviluppata con grande successo” e Scanavino ha accusato i giornalisti di essere “troppo legati al passato” e di avere “un approccio poco contemporaneo”. Nel corso della riunione l’azienda ha confermato la voce secondo cui si stanno preparando con l’Ansa pagine sinergiche. Un segnale che i Cdr interpretano come ulteriore passo verso la cessione, ma che Fabiano Begal, responsabile dei quotidiani locali, ha chiarito essere “volontà di integrazione per fornire contenuti di cronaca più spicci”, che si affianchino a quelli della Stampa, spesso troppo lunghi e che impediscono quindi di pubblicare una più ampia serie di notizie”. Intanto la vendita di pezzi del gruppo è già avviata: ”Nell’incontro c’è stata anche la conferma che sono in vendita i quotidiani locali del Nord Est: “I vertici dell’azienda hanno parlato di trattative in corso, ma di offerte formali non ancora pervenute”. “Il quadro -scrive il Coordinamento dei Cdr- ci è parso agghiacciante anche sul piano strettamente imprenditoriale. L’ad Scanavino ha spiegato che ‘nel tempo sono arrivate varie manifestazioni di interesse per il Nordest’ e che ‘ultimamente le richieste di contatto arrivate a Begal sono state più frequenti e serie. Può succedere che qualcosa possa manifestarsi con offerta significativa e dovremo valutare da chi arriverà e quale sarà l’offerta. Nel frattempo non interromperemo i progetti in corso per tutti i quotidiani: dobbiamo andare avanti con questo perimetro finché non ci saranno considerazioni differenti’”. Gedi è intenzionata a vendere tutto il pacchetto dei quotidiani veneti (Mattino di Padova, Tribuna di Treviso e Nuova Venezia, Corriere delle Alpi) insieme al Piccolo di Trieste e al Messaggero Veneto con cui sono strettamente interconnessi per piattaforme tecnologiche, sinergie e pubblicità”. Capisco la possibile osservazione e cioè che la crisi della carta stampata è grave e forse ineluttabile, ma il rischio è il venir meno - pur nella prospettiva della maggior digitalizzazioni - di patrimoni editoriali e di redazioni conseguenti, che hanno un ruolo importante sui territori. Ma forse i proprietari del gruppo GEDI vogliono solo fare operazioni finanziarie e il resto ormai non conta più.