Guardavo, nelle scorse ore, l’immagine di queste due donne che hanno buttato della zuppa contro la Gioconda, il più celebre dipinto di Leonardo Da Vinci. Apro parentesi, perché l’occasione è valsa per far andare in scena la solita storia di chi dice: francesi ridate la Gioconda all’Italia. Ricordo che fu lo stesso Leonardo da Vinci a portare il quadro quando si trasferì oltralpe nel 1516 e fu lo stesso Leonardo a venderlo all’allora re di Francia Francesco I, che l’acquistò per circa 4mila ducati d’oro. Nei secoli successivi, la Monna Lisa fece parte delle collezioni dei reali francesi - con Luigi IV che la portò nella reggia di Versailles - per poi essere esposta al Louvre dopo la Rivoluzione Francese. Chiusa parentesi. Torniamo alle due furbone – che si sono messe in mostra a fianco al dipinto imbrattato, per fortuna protetto da un vetro – e hanno arringato i presenti attoniti in visita al Louvre, naturalmente riprese dai complici che le hanno filmate con queste parole: “Cos'è più importante, l'arte o il diritto a un'alimentazione sana e sostenibile? Il nostro sistema agricolo è malato". E ancora: "Ci sono persone che stanno distruggendo la Terra. Tutti gli artisti, pensino alla Terra. Pensate al pianeta". L'azione dimostrativa di oggi è stata presentata come "l'inizio di una campagna di resistenza civile, che porta con sé una richiesta chiara, vantaggiosa per tutti: la sicurezza sociale per un'alimentazione sostenibile". Erano, sempre dalle riprese, fierissime del lor gesto e lo si vedeva persino dalla postura militare. Questi ecologisti radicali hanno rotte le pive con i loro imbrattamenti vari e con il blocco delle strade. Chi li difende e li comprende è complice non solo di azioni inutili e nocive, ma anche del fatto che con certe gesta rendono antipatiche le loro cause, facendo dei danni alla propagazione delle loro stesse idee. Le sette, che usano metodi solo apparentemente pacifici, sono da disprezzare, perché certo clamore è distante mille miglia da quel che serve. La militanza, la mobilitazione, le azioni eclatanti stufano se la loro ripetitività mostra aspetti ossessivi a tratti paranoici. La libertà di manifestazione del pensiero ha assunto nel tempo nuove forme. Faccio qualche esempio. I cortei ci sono sempre stati e da ragazzo ci ho pure partecipato. E’ evidente ormai che questo tipo di protesta serve quasi sempre a gruppi organizzati di facinorosi per insinuarsi con azioni violente, che spesso nulla hanno a che fare con le ragioni che hanno portato le persone in piazza. Le forze di polizia sono costrette ad un assetto di guerra perché gruppuscoli allenati alla guerriglia urbana stravolgono ogni buona intenzione. I blocchi stradali sono un altro esempio sotto gli occhi di tutti. Davvero gli agricoltori pensano, con proteste di questo genere in tutta Europa, di guadagnarsi la simpatia e l’appoggio dell’opinione pubblica? Ci sono sicuramente nella nuova Politica Agricola Comune gravi storture, asfissiante burocrazia e, nel caso italiano, una vergognosa scelta centralista che umilia i territori. Ma usare i trattori come carri armati consente di avviare le necessarie modifiche attraverso discussioni e mediazioni? Anche sul Web si manifestano errori. Pensiamo alle petizioni sul Web. Come Change.org, che da cause nobilissime si è trasformato in uno sfogatoio di qualunque tipo di azione con raccolte di firme su temi astrusi o senza alcun interesse collettivo. Pensiamo all’uso della mailbombing, che intasano indirizzi di posta elettronica in modo insensato e l’ho vissuto in epoca Covid per le mie posizioni pro vaccino con preoccupazione per certi toni aggressivi e minacciosi. La democrazia è creatura delicata e prevede il rispetto di regole di comportamento e di ingaggio anche nelle discussioni legittimamente difficili, se non feroci. Scriveva nel dopoguerra Norberto Bobbio: “La vita politica in una società sanamente democratica, modernamente volta alla conquista di una più alta civiltà di costumi, di opere e di idee, è sulla buona strada soltanto se corre sul binario degli interessi. Se entra nel binario morto delle ideologie, soprattutto quando le ideologie assumono pomposamente veste e decoro teologale, è costretta ad arrestarsi bruscamente prima di aver toccato la meta”. Affrontare a viso aperto i dibattiti, anche con toni caldi nella dialettica fra le parti, che mai però dovrebbero trascendere, come in alcuni casi brevemente illustrati. Da questo punto di vista gli algoritmi dei Social sono un autentico disastro: ti fanno interagire esclusivamente con chi la pensa come te e, nel caso di militanze forti ed esclusive, ci si rinchiude in un mondo asfittico e ristretto, che conferma solo le tue tesi, senza mai avere antitesi. Ha scritto Zygmunt Bauman: “I nuovi rapporti vivono di un monologo e non di dialogo, che si creano e si cancellano con un clic del mouse, accolti come un momento di libertà rispetto a tutte le occasioni che offre la vita e il mondo. In realtà, tanta mancanza di impegno e la selezione delle persone come merci in un negozio è solo la ricetta per l’infelicità reciproca”.