Guerra

gaza_confine.jpgDovrebbe far riflettere come uno dei focolai di guerra sia stato in questi decenni il territorio geografico descritto nei Vangeli. Colpisce in modo esemplare che Betlemme, divenuta terra sotto la giurisdizione palestinese, sia stata abbandonata dai cristiani, vessati dagli estremisti islamici.
Oggi la guerra tocca di nuovo Gaza: gli israeliani hanno detto basta alle aggressioni di Hamas, terroristi infervorati che danneggiano le ragioni della causa palestinese e le legittime richieste di avere uno Stato sovrano che sappia convivere con Israele, unico paese democratico nel Medio Oriente. Difficile negoziare tuttavia con chi ti vuole morto e vuole distruggere il tuo Paese assieme all'intero Occidente. Israele ha i suoi torti, ma chi discute la sua esistenza non può essere un interlocutore.

Commenti

situazione difficile

Non mi sono mai interessato con molto interesse ai problemi di quella regione, forse perché è una situazione troppo complicata per prendere delle precise posizioni con una conoscenza superficiale. Un paio di cose mi viene comunque da pensarle: il terrorismo non mi piace e l'azione terroristica non l'ammetto; l'uso della rappresaglia militare non mi sembra una soluzione per contrastare l'azione terroristica (ma in quel posto se non sei forte sei finito); la comunità internazionale deve lavorare o a costituire due stati democratici separati o a favorire matrimoni misti (quale soluzione finale). Non so però se è possibile che le democrazie si creino con la pace e con uno sviluppo lineare.

Uno dei tanti problemi...

che si presentano da entrambe le parti, sono i movimenti irriducibili. Sono quelli che vedono il combattimento l'unica soluzione e la pace un momento di cedimento. D'altronde le soluzioni inseguite fino ad ora difficilmente possono cancellare l'inutile voglia di vendetta per le azioni commesse da entrambe le parti. I palestinesi più inclini alla democrazia, sono ostaggio di molti pronti a tutto.
Tempo fa a Evian, mia moglie durante un corso di aggiornamento, conosce una signora israeliana: diventano amiche e questa la invita in Israele. La situazione, come lo è spesso, era "calda" e, declinando l'invito, disse: «verrò quando sarete un po' più tranquilli!» La signora si intristì e rispose: «Allora non ci vedremo mai!»
Non fa testo ma è emblematico di come si percepisce la guerra tra due popoli molto più che vicini di casa. Che forse ci si attenda una soluzione, anche per questo, dal governo Obama? La cosa certa è che è un focolaio, anzi incendio perdurante, pericolosissimo: si intrecciano troppi interessi contro l'occidente.

Violenza

«Imploro la fine di quella violenza, che è da condannare in ogni sua manifestazione e il ripristino della tregua nella Striscia di Gaza». E ancora: «La patria terrena di Gesù non può continuare ad essere testimone di tanto spargimento di sangue».
Queste le parole, la supplica di Papa Benedetto XVI poco fa, alla recita dell'Angelus; come non sottoscrivere questo ennesimo appello disperato, invocando la pace come supremo dono per i popoli.

Pace

Giustissimo. Ma sarebbe ora che con i palestinesi estremisti islamici la comunità internazionale fosse meno tollerante, visto come gongola il regime iraniano.

Già...

sarebbe ora che il Mondo si manifestasse. Ho scritto di proposito Mondo perché la stessa Onu viene disattesa o diluita negli intenti dagli stessi Stati membri.
Ma... come si mobilita l'intera umanità contro questi abusi? Potrebbe sembrare retorico, ma quello che è importante per uno Stato o un'organizzazione lede gli interessi di altri! Complicato avere la pace.
O peggio verrebbe da pensare: che sia un monito di Hamas al Papa per la visita pastorale in Terra Santa prevista per maggio?

So faraway, so close

La nonna serba di un caro amico sosteneva, senza remore, “guerra finisce quando muore ultimo albanese”. Più o meno dalle stesse parti andava a parare pure la scritta, fotografata negli anni ottanta su un muro di Belfast da un collega cineoperatore che Luciano ricorderà (oggi approdato ai lidi del TG1), “War never ends”. E’ incredibile come in qualche piega recondita dell’animo umano covi la necessità indifferibile di un nemico. Sulle prime verrebbe da pensare che sia così perché, in fondo, qualcuno (o qualcosa) su cui concentrare paure, rabbie, ansie e frustrazioni rappresenti la soluzione più facile ed immediata di quell’enorme Sudoku quotidiano che è la vita. Nel caso dello scontro israelo-palestinese, questa sarebbe però una lettura eccessivamente semplicistica. Chi combatte sotto la stella di David avverte, indubbiamente, un credito nei confronti della storia, visto il prezzo pagato dai suoi avi. Chi lancia pietre coprendosi gli occhi con la Kefiah, dal canto suo, porta nel petto l’irrequietezza classica degli appartenenti ad una Nazione senza Stato. Vero è che lo scontro tra questi presupposti, proprio per la sostanziale fondatezza di entrambe le ragioni, non promette niente che la diplomazia sembri poter risolvere, specie poiché la comunità internazionale continua ad avere una lettura viziata della questione. E’ comodo rimproverare a Barak un eccessivo ricorso alla violenza, dimenticando che esso altro non è che la reazione ad atti terroristici dalla natura inconfutabile. Era forse tanto folta la schiera degli oppositori di Bush e Blair, quando hanno fatto altrettanto (se non peggio, vista l’ammissione di aver fabbricato menzogne, pur di poter procedere) con l’Iraq? E’ altrettanto miope (e pericoloso) non esigere dai palestinesi che il verbo al quale coniugano la loro rivendicazione non sia quello di Hamas, per cui l’indicativo è a base di razzi Qassam e il futuro di kamikaze. A rendere del tutto unico questo sanguinoso conflitto, che si protrae ormai da decenni, contribuiscono poi alcuni incredibili risvolti umani notati da chi scrive nel tempo, come “Galei Zahal” (la radio delle forze armate israeliane) che trasmette un brano di Carla Bruni, o il sito dell’aeronautica israeliana, contenente le testimonianze di piloti, spavaldi nel rivelare di aver mentito ai controllori di volo, pur di poter inseguire liberamente un velivolo nemico ed aprire il fuoco. Lo yin e lo yang. Il bianco e il nero. Il bene e il male. So faraway, so close, in quel lembo di terra all’ombra dei pompelmi.

Ieri sera D'Alema.

Ho seguito un po' di Matrix, intervistato d'eccezione, Massimo D'Alema. Sicuramente esperto come politico di lungo corso, ex Primo Ministro e per ultimo ministro degli esteri a stretto contatto, per istituto, con il mondo arabo.
Uno dei passaggi che mi è piaciuto particolarmente, forse perchè personalmente ci credo, è la ricetta, generale, data per la soluzione del conflitto: non parteggiare per nessuno, ascoltare e mediare. Se l'occidente fosse più forte e lungimirante adotterebbe questo metodo.

Non è facile

ognuno di noi ha un bagaglio di idee e di preconcetti. La mia ammirazione per gli israeliani può obnubilare il mio giudizio.

Non si può negare.

D'Alema, infatti, in inizio intervista ha apertamente condannato le uccisioni di bambini causate dagli attacchi di Israele. Subito imbeccato da Mentana, avvocato del diavolo, ricordandogli i lutti causati dai palestinesi, D'Alema richiama un principio della diplomazia: ascolto tutti e cerco un punto d'incontro. Un po' come il fardello che deve sopportare il giudice durante un processo per un delitto ignobile, hai la tua opinione, ma in quel momento sei estraniato da te stesso e sei altra figura al servizio della legge. Non nego che sia difficile, ma quanto necessario!

Sorrisi e orrore

Come il giornalista de "La Stampa", Alberto Mattioli, pure io mi chiedo che cosa avranno avuto tanto da ridere Javier Solana e Ministri vari durante l'incontro di qualche ora fa di fronte ad una situazione così drammatica.
Con il numero di vittime civili in continuo aumento - come non pensare a quei poveri bimbi - di tutto c'è bisogno meno che apparire sorridenti per la gioia dei media.
La serietà, ma sopratutto l'intelligenza delle persone, si misura anche da questi particolari frangenti.

Vero

Sulla questione della distruzione della scuola, amerei un giornalismo d'inchiesta per sapere se è vero che da quella scuola delle Nazioni Unite sparavano sulle truppe israeliane combattenti di Hamas.

Le ultime notizie

Delle 13.00 Fonti israeliane dicevano che Hamas aveva attività non nella scuola ma nelle immediate vicinanze. E che è uso mettersi vicino a insediamenti civili per farsene scudo. Praticamente la guerra è guerra.
A quanto sembra, nei prossimi giorni, ci saranno risvolti per l'inchiesta avviata dall'Onu.
Mi domando quanto possa essere aderente alla realtà dei fatti con il clima che c'è.

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