In molti Comuni della Valle l'attività edilizia, per la costruzione di case, è in pieno sviluppo, smentendo in parte l'esistenza della crisi o forse sono iniziative precedenti ormai lanciate. Per altro, va detto - a spiegazione ulteriore - che la casa resta un bene su cui investire proprio nei momenti in cui si ha paura di mettere altrove il proprio denaro e va aggiunto che il sistema, di recente ampliato, dei mutui casa della Regione alle famiglie e anche il solido numero di dipendenti pubblici buoni pagatori mantengono elevata la domanda. Basta girare per Aosta e i paesi della Plaine, Saint-Vincent o Verrès per verificare questa foga costruttiva fra gru e squadre di operai in azione e i cantieri sono ben visibili proprio con la bella stagione. Ciò avviene mentre, nelle medesime località come altrove, i centri storici stentano ancora - con segni di fatiscenza e di abbandono - ad essere ristrutturati e riammodernati e resta in genere in Valle il tabù dell'abbbattimento e della ricostruzione di immobili brutti e non funzionali degli anni Cinquanta e Sessanta. Lasciamo poi perdere il discorso nelle località turistiche più famose dove lo sforzo per evitare le seconde case, negli interistizi di piani regolatori e delle leggi regionali (penso alle norme sul settore alberghiero, spesso occasione per aggirare i divieti come avvenuto con le RTA) è risultato spesso inutile e lo stesso vale per la tutela di zone verdi, a uso agricolo o per semplice esigenza paesaggistica, pian piano invase da nuove costruzioni. Va detto onestamente che questo deriva anche dal fatto oggettivo che i vincoli costruttivi fra frane, inondazioni, valanghe in alcuni Comuni implicano delle scelte di sacrificio di porzioni del territorio che in parte almeno sarebbe state utilizzate per l'edilizia.
Tuttavia va aggiunto che proprio la scarsità di zone costruttive obbligherebbe al riuso delle vecchie costruzioni, che spesso invece restano fatiscenti e andrebbero dunque definiti meccanismi punitivi, attraverso ad esempio la fiscalità sino a forme di esproprio pubblico, laddove la paralisi dei proprietari rischia di essere un attentato a beni di grande pregio. Penso a case nel centro di Aosta e a costruzioni in molti villaggi, come alcuni rascard ad Ayas. Ma torniamo al fondovalle: riecco grandi condomini (ad Aosta pure i grattacieli!) spesso con vasti spazi commerciali mentre chiudono quelli esistenti, oppure riappare la triste tipologia delle "villette a schiera", che imbruttiscono spesso i nostri paesi come funghi velenosi. Non sempre - penso anche ad alcune grandi ville e a casermoni anonimi - il buon gusto trionfa, malgrado i sistemi di protezione e le cervellotiche pratiche autorizzative e i sistemi di pianificazione territoriale, che al posto di essere all'insegna di poche regole ben comprensibili anche per i semplici cittadini, come nella vicina Svizzera, tendono a diventare - fra prescrizioni urbanistiche, tecniche e numerose leggi di varia natura - delle enciclopedie che per essere consultate e capite abbisognano di tecnici e avvocati e spesso di suppliche negli uffici comunali e regionali preposti. Talvolta - posso testimoniarlo - esistono aspetti che, malgrado la mostruosa produzione di articoli e codicilli, sono ancora nella discrezione di alcuni funzionari, che decidono tipologie costruttive o materiali da impiegare a seconda del proprio gusto e del proprio umore, quando una semplice manualistica potrebbe dire al cittadino e ai professionisti da loro incaricati che cosa si possa o no realizzare. Ma forse è l'intera normazione urbanistica che andrebbe affrontata: un testo unico con cui la Regione chiuda definitivamente i rapporti con la legislazione statale antiquata e spesso inadatta al nostro territorio. Essere degni interpreti della nostra autonomia vorrebbe proprio dire, specie in competenze primarie come queste ai sensi del nostro Statuto d'autonomia, essere capaci - guardando il meglio in Europa - di dotarci di una legislazione efficace e non ambigua, razionalizzatrice ma non dirigistica, comprensibile e non bizantina da cui risulti con chiarezza - e senza aggiramenti o furberie all'italiana (o, purtroppo, "alla valdostana") - la Valle d'Aosta che vogliamo senza impressionanti o rigidi strumenti come il Piano Paesistico Regionale. La pianificazione, che deve avere come punto di riferimento tutela e sviluppo, ma anche concetti come intelligenza e bellezza, forse potrebbe essere contenuta in poche regole facili e forti, creando un equilibrio Regione ed Enti locali su grandi linee d'indirizzo calate su un territorio ben analizzabile con le nuove tecnologie satellitari. Spero che le mie non siano elucubrazioni inutili.