Canavese

brasserie_broglio.jpgMa voi ce li avete luoghi cult della vostra giovinezza? Io potrei scrivere una guida a mio uso e consumo, una parte della quale - avendoci fatto il Liceo - dedicata al Canavese.
E' difficile per gli aostani capire l'affezione che noi della Bassa Valle abbiamo per Ivrea e dintorni (nota l'espressione non lusinghiera «Ba pè les Ivreie»).
Scomparso il "Circolo Garibaldi" di cui ero socio a Bienca, luogo d'elezione di grandi baldorie, segnalo la rinata "Brasserie Broglio" a Borgofranco sotto i castagni a due passi dai noti balmetti, all'epoca legata ai boccali di birra a forma di stivale, mentre oggi la grande sciatrice gressonara Fulvia Stévenin ha creato un bellissimo ambiente di gastronomia tedesca con birre particolari.
Del tutto legittimo per una famiglia walser!

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Amarcord

Curiosamente, il Canavese è parte pure del mio vissuto infantile, essendo la mamma della San Giorgio oggi assurta alla notorietà televisiva grazie agli studi di “Telecittà”, culla di perle del pomeriggio "Mediaset", quali "Vivere" e "Centovetrine".
Nelle settimane estive trascorse laggiù, noi bambini andavamo a giocare in Sant’Anna, zona verde alle porte del paese, ove ancora sorgevano i residui di una casa littoria. L’osteria-ristorante in centro si chiamava "La Luna" e - eravamo dalle parti della metà degli anni ottanta - c’erano pure un altro paio di bar, dal taglio più da periferia di Torino che iniziava a cercare spazi d’espansione (molto gettonati da noi, per la presenza di videogiochi).
Tra gli altri ricordi, l’officina di biciclette di tal signor Milano, vulcanica figura di quelle che solo nei paesi, che ebbe un momento di visibilità nazionale, portando a "Portobello" una due ruote senza pedali, mossa dalla spinta indotta sulla sella col posteriore (impossibile, però, raggiungere distanze considerevoli, dal momento che immaginerete la comodità di sedere su uno stantuffo). Immancabili le biciclettate (laggiù imparai ad andare senza mani e a portare un’ospite) verso San Giusto Canavese e Lusiglié, villaggi limitrofi, attraversando strade sterrate in cui i campi di mais rendevano il paesaggio assolutamente piatto, quasi inghiottendolo, come nemmeno nel sud degli Stati Uniti.
Altrettanto imperdibile, e appuntamento fisso di ogni estate, la visita allo zoo poco lontano dal casello autostradale, accompagnato da una nonna che purtroppo non c’è più. Spensierate pure le feste patronali, con la tradizione del lancio del pallone aereostatico («el balùn cha part…»), e, in occasione di una di queste, la mia presenza - in qualità di “straniero” - nella giuria del concorso della miglior spaccata.
Dall’adolescenza in poi, le mie visite si sono rarefatte e paradossalmente, lo dico con la goliardia di quella stagione della vita, le immagini del Canavese mi arrivavano più dal trash televisivo dell’"Ivo e Rolando Show". Gran bei tempi, però.

In effetti...

senza parlare di annessionismo, tipo le cose comiche che si sono scritte in queste ore su Carema, senza alcun fondamento giuridico (tipo: «è buono il vecchio referendum e non bisogna rifarlo« - sbagliato! - dimenticandosi che per noi non basta una legge ordinaria ma ce ne vuole una costituzionale!), va detto che questo legame esiste.
Mio nonno, visto che la meno sempre con i ricordi, è stato Sottoprefetto di Ivrea, dove nacque mio zio Severino, per caso, alimentando la leggenda di una ascendenza canavesana della famiglia.

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