Il "Trattato di Lisbona", variante minimale del "Trattato costituzionale", ha ricevuto il "sì" dell’Irlanda, che ha ripetuto il referendum che aveva, sedici mesi fa, bloccato il processo di ratifica sul testo originario, dando una brusca frenata al processo d’integrazione europea. A naso direi che la data di ieri resterà nei libri di diritto comunitario, perché questo risultato implica anche la ratifica della Polonia, che aveva atteso l’esito del referendum irlandese e appare difficile che la Repubblica Ceca - ultimo dei 27 membri dell’Unione a non averlo fatto - possa continuare a rinviare la propria firma. Diversa - e tutta giuridica - era la questione della Germania, dove la Corte Costituzionale federale aveva di fatto sospeso la firma in attesa che si chiarisse il ruolo delle Camere nazionali ed è quanto è avvenuto con una legislazione approvata pochi giorni fa, che ha sbloccato l’adesione tedesca al Trattato. Ora, se il processo come pare si concluderà, non ci saranno alibi per non rilanciare l’integrazione europea. Da domani potrò snasare la situazione, visto che sarò a Bruxelles - come membro valdostano del "Comitato delle Regioni" - in occasione della grande assise delle Regioni europee, denominata "Open Days".