Con la morte di Vincent Trèves se ne va un altro protagonista della storia contemporanea. Un uomo, antifascista e partigiano, che fu formato alla scuola di Emile Chanoux e dell'Abbé Joseph Trèves, pagando nel dopoguerra con la galera le sue convinzioni politiche. Mi era capitato, malgrado la differenza di età e una certa ruggine che aveva nei confronti di mio zio Severino, di parlare con lui in una clima - mi piace ricordarlo - di forte simpatia reciproca, avendo io, per natura, rispetto e interesse per i nostri "grandi vecchi" (per questo lo proposi come Chevalier de l'Autonomie). Ascoltandolo più volte in pubblico, ho ammirato quella capacità di mantenere una passione civile forte, avvinto dai racconti di come - partendo dalla semplicità del mondo rurale - si potesse all'epoca stratificare quella formazione personale, oggi potremmo dire "interclassista", caratteristica della Jeune Vallèe d'Aoste come punto di partenza dell'autonomia odierna contro il conformismo dell'epoca fascista. Vincent - e sia consolatorio per i cari Chantal e Albert - ritroverà, dopo la morte e in quello spazio ideale che mi auguro esista davvero come una sorta di paradiso, intere generazioni di amici: gli anni della sua crescita politica videro assieme uomini ottocenteschi e ragazzi come lui proiettati oltre il buio del Regime.