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23 mag 2010

Il gioco di squadra

di Luciano Caveri

Ho giocato in politica in tanti ruoli, fiero di indossare la maglia rossonera della squadra nazionale della Valle d'Aosta.   Ho imparato che senza il gioco di squadra, pur in presenza di giocatori di diversa caratura, non si va da nessuna parte e alla fine si perdono le partite. Penso all'attuale sottovalutazione del ruolo dei parlamentari valdostani, esclusi da incontri romani importanti per la Valle e di cui meglio di altri posso capire le ricadute negative.  La metafora calcistica non riesce a descrivere i processi democratici di formazione delle scelte in vista della soluzione ai problemi reali, che è quel che conta, senza dimenticare storia ed idee, sennò si sarebbe tutti la stessa cosa, una purée di partiti, poltiglia indigeribile nel nome di quel bipolarismo che farebbe fare all'area autonomistica una brutta fine. Ognuno nei ruoli che ricopre è se stesso, ma non solo e spesso il proprio passato parla da solo e torna anche quando ci si è sforzati di nasconderlo e di apparire diversi. Per sfuggire alla tentazione del "one man show", per non dire dei rischi di sbagliare o di cadere vittima dell'affarismo che è sempre incombente come una "spada di Damocle" che obbliga a leggere in controluce ogni decisione, bisogna condividere senza sfuggire poi alle proprie responsabilità personali, inerenti anche la propria carica, opportunamente incanalate da scelte frutto di discussioni che certo non devono essere infinite. Esercizio delicato quello del confronto ma necessario. Si chiama "democrazia" e non è solo riassumibile dal pur indispensabile esito delle urne, altrimenti la politica sarebbe solo un'ininterrotta campagna elettorale.