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20 set 2010

Il racconto della malattia

di Luciano Caveri

Leggo, con dispiacere, della morte di Pietro Calabrese, noto giornalista, che conobbi alla fine degli anni Novanta, nel suo breve passaggio alla "Rai", quando - essendo tra l'altro incaricato di un ripensamento della regionalizzazione della radiotelevisione pubblica - ebbi modo di presentargli qualche idea sul radicamento locale della Rai per avere una "Terza rete televisiva" davvero espressione dei territori. Poi ho seguito la sua carriera e leggevo la sua rubrica settimanale su "Sette" del "Corriere della Sera", dove mostrava acume e originalità. Mi avevo colpito, ad esempio, quando cominciò - mesi fa - a raccontare di un suo amico, Gino, cui era stato diagnosticato un cancro al polmone e di cui prese ad annotare il percorso medico ed umano con originalità e partecipazione, che mi aveva molto coinvolto nel capire le difficoltà nel percorso di un malato oncologico. Confesso di averci messo un po' a capire che Gino fosse proprio lui e che avesse, come in un racconto letterario, scelto di raccontare la sua malattia, i dolori, le speranze attraverso un "nom de plume" e le ultime volte, annotando un peggioramento, la sua prosa si era fatta nostalgica ma serena, come se avesse la consapevolezza dell'approssimarsi della fine e credo che un diario pubblico di questo genere sia stata una scelta coraggiosa. Ho letto che a giorni, purtroppo postumo, uscirà un libro sul racconto della sua vita dopo la scoperta del tumore: lo leggerò come omaggio a chi ha saputo raccontare la malattia come momento di riflessione e di introspezione sulla vita.