E' una storia facile da raccontare. Dal 1975 le scuole della nostra Valle sono finite con norma d'attuazione sotto l'ala della Regione autonoma, completando la parte sulla scuola derivante dal decreto luogotenenziale e dallo Statuto d'autonomia. Chi vi scrive, negli anni della sua attività parlamentare, ha rafforzato nelle leggi statali il principio che una scuola interamente autofinanziata dovesse avere margini più vasti. Buona regola per un parlamentare valdostano è quella di essere "interventista": ogni legge importante, per evitare sorprese, deve avere almeno un codicillo che ci riguardi. Questi margini ottenuti nella legislazione ordinaria, a vantaggio della scuola, sono ben visibili nella scuola da un fatto concreto: la nostra scuola a differenza di quella "italiana" non ha avuto riduzioni di organici (anzi) e chiusura di scuole.
Resta un "però": già dall'inizio di questa vicenda con la norma d'attuazione di trentacinque anni fa, quando il dossier venne seguita dall'allora assessore alla pubblica istruzione, Maria Ida Viglino, i sindacati chiesero a spada tratta il mantenimento dello status giuridico degli insegnanti in capo allo Stato. Da qui l'evidente paradosso di una Regione che paga e di un contratto degli insegnanti deciso, nelle sue linee direttrici, a Roma, facendo nella sostanza della Regione un ufficiale pagatore. Nel frattempo, solo per fare un esempio concreto, la "provincializzazione" del personale docente si è realizzata, senza nessun particolare problema, nella Provincia autonoma di Trento e un sindacato della scuola, il Savt, ha rotto il tabù, dicendosi d'accordo sull'ipotesi di passaggio vero e proprio del corpo docente alla Regione anche con l'insieme del contratto di lavoro e dei suoi annessi e connessi. Non so se oggi i tempi siano maturi per un salto definitivo del fosso. Certo è che il "congelamento" degli stipendi nella scuola e forme di annullamento di alcune indennità (tipo quella per le gite scolastiche, che privano i ragazzi di un loro sacrosanto diritto) sembrano rilanciare l'idea di una "scuola valdostana" a tutto tondo. Ma la molla – intendiamoci bene – non possono essere solo i soldi e l'eventualità che la regionalizzazione porti a vantaggi economici. Il problema, per favore, è anzitutto culturale e quindi un processo di questo genere deve essere materia condivisa come principio, smentendo chi nel tempo amava dipendere da decisioni romane come forma di disprezzo per la nostra autonomia speciale, prendendo da questa solo quanto utile.