Il Patrimonio mondiale dell'Unesco è ormai un elenco salito a ben 890 siti o affini ed è da scorrere per mettersi di buon umore per gli evidenti criteri di inserimento così sgangherati, genere un colpo al cerchio e uno alla botte, da apparire casuali. Ora, come ciliegina sulla torta, si assiste al grottesco braccio di ferro fra "cucina francese" e "dieta mediterranea" (con l'Italia alleata con Grecia, Spagna e Tunisia in un incomprensibile embrassons-nous gastronomico) per ottenere il label di patrimonio orale e immateriale dell'Umanità. Qualche anno fa, povero illuso, avevo promosso, dando un residuo credito, la candidatura del Popolo walser a questa nuova tipologia di protezione. Mi sembrava che il carattere internazionale dei walser fosse bello: una cultura che attraversa l'Europa e che declina una cultura e una personalità assai particolare. Niente di fatto. L'Italia, invece, ha piazzato in questa categoria, per ora, il teatro dei Pupi e il canto a tenore dei sardi. Anche qui scorrete l'elenco e la credibilità delle scelte vi finirà sotto i piedi. Per cui io stesso, con quell'esperienza, sono stato deluso in modo tombale. Questo segnalo sommessamente ai sostenitori che in Valle vorrebbero che il Monte Bianco diventasse patrimonio naturale per l'Unesco. Leggete le norme della Convenzione e ne scoprirete l'inutilità e chi esalta la scelta delle Dolomiti di fregiarsi mi dica - nel guazzabuglio di siti classificati - quale sia con esattezza il valore aggiunto per una montagna che ha già una sua notorietà. Aspetto per ricredermi. Semmai, se proprio vogliamo dare un segnale, che la Valle faccia, nella nostra parte del Bianco, un Parco regionale in attesa che ci sia una tipologia comune - nel diritto internazionale - di tutela e di valorizzazione che valga in Italia, Francia e Svizzera. Collaborazione ora coperta - con grossi limiti di statuto giuridico - dall'"Espace Mont-Blanc". Il resto rischia di essere inutile carta.