Ho seguito, come tutti, la vicenda - ormai dai toni drammatici - della scomparsa della ragazzina bergamasca Yara Gamberasio, apprezzando la sobrietà della famiglia e della popolazione. Nulla a che vedere con il clima indecoroso e grottesco dell'altro delitto, quello di Avetrana, che ha creato un circo mediatico attorno all'assassinio della giovanissima Sarah Scazzi. Questa considerazione vale anche per la giornata di ieri, quando il fermo del giovane marocchino, come sospettato di omicidio e di occultamento di cadavere, ha creato evidenti tensioni nel Bergamasco. Forse il fatto di avere una figlia coetanea della povera Yara ha creato in me una partecipazione ancora maggiore. Credo che quel che è successo sia il peggiore incubo per un padre e una famiglia: un dolore indicibile e straziante. Immagino che cosa voglia dire una giornata come quella di oggi con i volontari impegnati nelle ricerche in una lunga attesa carica di dolore. Certo che nella stessa domenica fra la storia luttuosa dei ciclisti falciati in Calabria da un marocchino pirata della strada, pure drogato, e Yara - con il sospetto che possa essere stata uccisa da un altro marocchino - vanno in pezzi, pur ingiustamente perché ogni generalizzazione sarebbe sbagliata, molti dei tasselli della convivenza. Far finta di niente sarebbe ipocrisia.