Ho stentato a parlare della neve. Dando per scontato che trattasi di normalità in ambiente alpino, mi ero ripromesso di trovare uno spunto diverso e originale rispetto agli anni passati, quando l'arrivo della neve, superata la fase estatica e romantica della neve che cade, si era trasformato in un "film dell'orrore". Ci eravamo detti - come consolazione - che non eravamo più abituati da anni alle nevicate a causa di inverni stitici e dunque, come i pinguini con il "pack" che si scioglie, dovevamo solo abituarci e saremmo ripartiti alla grande. Ora nutro qualche dubbio, incuriosito dal crescente effetto "a macchia di leopardo" dello sgombero neve. Non parliamo dei privati, il cui destino è legato alla valentia e all'acume del singolo operatore: per cui condomini o piazzali seguono appunto la logica della bravura della catena di comando e dell'operatore finale. Nel pubblico, invece, tranne i sempre decrescenti mezzi spartineve direttamente guidati da personale statale ("Anas"), regionale o comunale, vige l'appalto e qui entriamo nel mondo dell'imprevedibile e gli esperti, tra l'altro, dovrebbero spiegarmi perché ormai certe gare per alcune tratte vadano, pur in tempi di "vacche magre", deserte. L'imprevedibile segue le logiche di affidamento e come il territorio è stato spezzato (ad esempio suddivisione di strade da marciapiedi) e quali mezzi sgombraneve di vario genere siano stati richiesti e quale tempistica d'intervento si sia prevista in caso dall'allerta. Per cui, prima ancora che nevichi, vige una logica probabilistica che incombe su di noi come una "spada di Damocle" e cioè che la ditta abborracciata e improbabile sia proprio quella che si occupa dei percorsi innevati della nostra vita.