Il Governo ha ottenuto la "fiducia" ed è inutile soffermarsi sugli elementi di cronaca, ma vorrei riservarmi un breve commento. Ho seguito, in parte in radio in parte in televisione, il dibattito parlamentare sulla "fiducia", ricavandone una certa tristezza, specie per la "campagna acquisti" che non svilisce i singoli parlamentari - ognuno con la sua storia e i suoi perché - ma la funzione di parlamentare che giustamente è "senza vincolo di mandato", per cui certi voti sono certo legittimi ma sospetti per i tempi di "conversione". Un voto di fiducia - contava la Camera, mentre il voto del Senato era ininfluente - atteso da troppo tempo ed è incredibile che l'evidente rottura fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, che è il tratto distintivo della crisi nel Centrodestra, si sia sfilacciata per mesi e abbia alla fine preso l'opinione pubblica per sfinimento, come avverrebbe con una partita di calcio che durasse per settimane. Si è giunti così ad una sfida all'ultimo voto faticosa e anche surreale, perché in una democrazia, in cui certo i voti contano perché per ora non ci sono metodi alternativi, non si può immaginare che la governabilità si giochi al fotofinish. Non si può neppure immaginare che l'appello al buonsenso finisca per essere una logica di bottega miope o forse - peggio ancora - che ci vede benissimo in un intrico di interessi in cui ad una maggioranza debole corrisponda, come in uno specchio deformato, un'opposizione altrettanto debole con i rischi di una sinistra estrema che accenda le piazze e certe manifestazione di queste ore attorno a Camera e Senato sono preoccupanti. Non resta altro da fare che seguire i prossimi eventi e come federalista lo faccio in modo "zen", sapendo che chi predica una riforma federalista dello Stato lo fa proprio nella convinzione che così non si può andare avanti.