Dopo la Tunisia, tocca all'Egitto e le proteste investono Yemen ed Algeria. Le difficili condizioni di vita e la mancanza di democrazia sono due elementi della "febbre" che unifica le manifestazioni e potrebbe estendersi ancora, ma già solo i quattro Paesi citati sono molto diversi fra di loro e ognuno ha la propria storia e il proprio livello di sviluppo. Sembrano vicende lontane e scarsamente incidenti su di noi ed invece, come cittadini europei, siamo a due passi da queste "polveriere" (e abbiamo fra di noi immigrati provenienti da alcuni di questi Paesi e vi assicuro che anche qui certi regimi li tengono d'occhio). Osservare quanto avviene è necessario e bisogna farlo con rispetto per chi chiede cambiamenti profondi e la fine di vere e proprie dittature: quelle condizioni di degrado inaccettabili e che rischiano, tra l'altro, di creare flussi incontrollabili di emigrazione verso l'Europa. E' bene comunque essere cauti. Ho già ricordato che nel 1979 plaudevo, come tanti allora, alla "rivoluzione iraniana" senza immaginare che il dopo Scià sarebbe stata una dittatura teocratica. L'islamismo radicale antidemocratico e anti-occidentale cova dietro alle proteste: per cui essere spettatori consapevoli è l'atteggiamento giusto senza diventare tifosi acritici di un'ondata rinnovatrice e "progressista" per evitare delusioni.