
Le vicende libiche hanno evidenziato uno scontro fra Italia e Francia, che è dovuto all'evidente fragilità della posizione italiana in Libia per un attivismo di Nicolas Sarkozy (che ieri ha preso una batosta alle elezioni cantonali), cui ha corrisposto una crescente difficoltà di Silvio Berlusconi, assente non a caso nel dibattito parlamentare e sul tema, in questi giorni, sui media. La storia ha preso una deprimente deriva (basta guardare il settimanale "Panorama" in edicola) in una logica nazionalistica antifrancese. Ci mancava in più la "scalata" del gruppo francese "Lactalis"a "Parmalat", cui si è opposto il Governo italiano con un decreto legge che rallenta l'operazione e con l'annuncio di una legge simile a quella in vigore in Francia, il cui titolo dice tutto: ""Loi du 31 mars 2006 relative aux offres publiques d'acquisition", che traspone nel diritto francese una direttiva comunitaria del 2004. Una scheda tecnica spiega - ne cito un pezzettino - che la legge "prévoit notamment que l'éventuel initiateur d’une OPA devra déclarer ses intentions à l’Autorité des marchés financiers (AMF). Il introduit une disposition qui permettrait à une entreprise visée par une OPA d'émettre rapidement des bons de souscription d’actions (BSA), afin d'augmenter son capital et de renchérir ainsi le coût de l'acquisition". La logica è quella, in sostanza, di rendere più difficile l'ingresso in Francia di società francesi e l'Italia penso potrà (o poteva) tranquillamente riproporne i principi, anche se i tempi dell'"operazione Parmalat" sembrano essere più rapidi. Per altro, l'italianissimo Callisto Tanzi, patron di "Parmalat", ha fatto tutto il disastro ben noto e dunque, in chiave europea, invocare l'italianità - come garanzia assoluta - è davvero imbarazzante. Pensando poi a quanto latte francese finisca nei prodotti a marchio italiano (o, in qualche caso, "valdostano").