
Ho già raccontato qui dell'affezione verso la Valle d'Aosta del "decano" della "Ferrero", Michele, l'ottantaseienne figlio del fondatore del gruppo industriale, considerato oggi l'uomo più ricco in Italia e con un grande patrimonio anche nelle classifiche mondiali. Suo padre - il fondatore - era Pietro, lo stesso nome del giovane Pietro, ormai espressione della terza generazione, che è morto ieri in Sudafrica, con un evento doloroso che colpisce di certo il cuore di un'azienda che ha voluto restare familiare ed è finora sfuggita alla tentazione della quotazione in borsa che sposterebbe i centri decisionali chissà dove rispetto ad Alba, snaturando l'impresa. La "Ferrero" è un caso di scuola, di come partendo da un prodotto locale (l'invenzione della "Nutella") e da un mercato domestico piemontese, si è poi diventati una multinazionale dell'alimentare, moltiplicando con intelligenza i prodotti e aggredendo tutti i continenti. Ecco perché, al di là della solidarietà umana per la morte di uno degli eredi e la tragedia di una padre che seppellisce un figlio, resta l'interesse per come si possano costruire imprese importanti partendo da zero. Lo "spirito imprenditoriale", senza protezioni o sovvenzioni pubbliche, funziona bene quando ci sono idee e talenti.