
Ci sono dei pensieri stagionali, che come tali vanno rispettati, facendo parte della nostra natura più profonda. Siamo animali politici, come diceva Aristotele, ma sempre animali e le stagioni ("non ci sono più le mezze stagioni", compreso) le sentiamo addosso. Per dire: avrei potuto far finta di niente sul passaggio da inverno a primavera, ma il tema - nel cicaleccio quotidiano, cui compartecipo sempre volentieri, come gli uccellini sui rami in queste albe - è assai quotato. Se fa caldo è caldo, se fa freddo fa freddo, manco fossimo dei termometri. Se la stagione è avanti siamo contenti, ma come escludere una gelata che "bruci" gli alberi da frutto anzitempo fioriti e come fare con le "termiche" che, se per caso le togli, ti arriva la nevicata tardiva e ti blocca l'auto? Che la stagione crei qualche sconcerto, è confermato dalla celebre canzone di Loretta Goggi "Maledetta primavera", composta da Amerigo Cassella e Totò Savio, che animò il lontano 1981. Ricordo per la sua significatività la parte conclusiva del brano, che faceva: "Che importa se per innamorarsi basta un'ora che fretta c'era maledetta primavera che fretta c'era lo sappiamo io e te Na, na, na, na , na , na, na, na, na, na, na, na, maledetta primavera na, na, na, na, na, na..."
Capisco di avervi colpito profondamente con questo fraseggio e perciò questo primo fine settimana di primavera non sarà più lo stesso per questo pensiero musical letterario. Vi accompagni in più la circostanza che porta anche al cambio di ora - di cui gioisco per l'allungamento delle giornate - da solare a legale. E non chiedetemi perché ci ripetono di cambiare l'ora alle due di mattina della notte fra sabato e domenica, perché non l'ho mai capito. Ma mi fido e, non vedo... l'ora.