Titola così un articolo del quotidiano "Alto Adige", riportando alcune dichiarazioni del deputato sudtirolese Karl Zeller, combattivo costituzionalista con cui ho condiviso anni di battaglie parlamentari. Osserva Zeller: «con i tecnici bisogna avere pazienza anche perché, come noto, la vendetta è un piatto che si serve freddo. Negli ultimi mesi hanno agito indisturbati e noncuranti come se Statuti e Patti non esistessero o non avessero più alcun valore. Nelle ultime due settimane invece grazie alla Corte costituzionale abbiamo visto che alcune cose cominciano ad essere raddrizzate: i tagli ai nostri bilanci possono essere solo transitori e anche sui servizi pubblici privatizzati hanno dovuto fare una precipitosa marcia indietro dopo le sentenze della Consulta. Proprio a causa di questi due pronunciamenti nei loro conti si sono aperte delle vere e proprie voragini e se vogliono i nostri soldi dovranno a questo punto venire a trattare anche con noi. E personalmente resto della convinzione che lo Stato dovrà ritirarsi a Roma e lasciare che, in particolare la nostra autonomia speciale gestisca, con pochissime eccezioni, tutti i servizi sul territorio. Anche perchè abbiamo dimostrato di essere più bravi nel gestirli con meno costi e con più efficienza». Per la Valle d'Aosta le sentenze sono state più di una, spalmate negli ultimi due mesi e quel che è sempre interessante è che spesso altre sentenze - su parti di leggi da noi non impugnate - tornano utili anche a noi, perché applicabili. Pensate alle norme sul commercio di cui tanto si discute e che - a differenza di quel che pensavo avvenisse - non vennero impugnate dalla nostra Regione. Ci hanno pensato altri, in particolare la Toscana e i frutti sono arrivati con la sentenza 200 della Consulta di poche ore fa. Tutto parte da un decreto legge del 2011 che, brandendo il principio di concorrenza come una spada, obbliga le Regioni ad adeguarsi entro la fine settembre di quest'anno alla nuova legislazione statale e anche in Valle c'era chi sosteneva che ciò chiudeva ogni spazio. la Corte scrive, invece: "occorre ancora osservare il particolare tenore normativo della disposizione impugnata: in questo caso il legislatore statale non si è sovrapposto ai legislatori regionali dettando una propria compiuta disciplina delle attività economiche, destinata a sostituirsi alle leggi regionali in vigore. L’atto impugnato, infatti, non stabilisce regole, ma piuttosto introduce disposizioni di principio, le quali, per ottenere piena applicazione, richiedono ulteriori sviluppi normativi, da parte sia del legislatore statale, sia di quello regionale, ciascuno nel proprio ambito di competenza. In virtù della tecnica normativa utilizzata, basata su principi e non su regole, il legislatore nazionale non ha occupato gli spazi riservati a quello regionale, ma ha agito presupponendo invece che le singole Regioni continuino ad esercitare le loro competenze, conformandosi tuttavia ai principi stabiliti a livello statale. L'intervento del legislatore, statale e regionale, di attuazione del principio della liberalizzazione è tanto più necessario alla luce della considerazione che tale principio non è stato affermato in termini assoluti, né avrebbe potuto esserlo in virtù dei vincoli costituzionali, ma richiede di essere modulato per perseguire gli altri principi indicati dallo stesso legislatore, in attuazione delle previsioni costituzionali. Di conseguenza, per rispondere ad alcune precise osservazioni delle ricorrenti, le discipline della vendita al pubblico di farmaci da banco o automedicazione, dell'apertura di strutture di media e grande distribuzione, o dell'organizzazione sanitaria, non vengono assorbite nella competenza legislativa dello Stato relativa alla concorrenza, ma richiedono di essere regolate dal legislatore regionale, tenendo conto dei principi indicati nel censurato articolo 3, comma 1, del decreto-legge numero 138 del 2011". Insomma gli spazi ci sono e in questo senso ho collaboratore per la nuova legislazione in itinere, contestando certe scorciatoie di chi mostra una "fretta sospetta". La Consulta poi - e non è da poco - contesta la filosofia dell'abrogazione indiscriminata di tutta la legislazione "incompatibile" con una formula secca: "l'articolo 3, comma 3, è costituzionalmente illegittimo, in quanto dispone, allo scadere di un termine prestabilito, l'automatica "soppressione", secondo la terminologia usata dal legislatore, di tutte le normative statali incompatibili con il principio della liberalizzazione delle attività economiche, stabilito al comma 1". Abrogazione - attenzione! - che trascinava tutte le legislazioni regionali. Ma così non può essere con buona pace dei semplificatori antiregionalisti del Governo Monti che conquistano sempre più il mio sarcasmo.