Mi ha sempre colpito ascoltare il racconto delle spedizioni fotografiche, sulle tracce degli animali da immortalare, del grande fotografo naturalista valdostano Stefano Unterthiner. Per chi si fosse distratto basta una visita al suo sito per capire come il suo lavoro sia straordinario e certosino e chi ama gli animali non può che bearsi di tanta capacità di rappresentazione. Ricordo di quanto Stefano fosse interessato, alcuni anni fa, al ritorno del lupo, tema che mi aveva appassionato moltissimo perché trovavo affascinante l'idea di questi animali che, una volta scomparsi, tornavano naturalmente a ripopolare le nostre montagne e avevo con viva curiosità letto - e qui riportato - di come analoga e spontaneo ritorno potesse avvenire, lato Monte Rosa, per l'orso. Mentre il gipeto, l'avvoltoio degli agnelli (un piccolo della specie ha cominciato a volare poche ore fa), è stato reintrodotto, come si era provato senza successo a fare a suo tempo nel "Parco del Gran Paradiso" con la lince. Intendiamoci bene: la società contadina del passato non aveva fatto sparire questi animali per cattiveria, ma perché la presenza di certi predatori nuoceva alle tradizionali attività del mondo rurale, per cui i cacciatori che uccisero gli ultimi esemplari (l'orso nel 1859, il lupo nel 1862 ed il gipeto nel 1913) erano considerati degli eroi che avevano fatto "pulizia". Considerazione che oggi ci può stupire, ma è bene sempre porsi nelle condizioni della società dell'epoca con l'immagine culturale che c'era verso gli animali. Ci pensavo rispetto al lupo. Argomento caldissimo dovunque si vada: nelle vallate cuneesi, sui Pirenei, nel vicino Vallese, sulle Hautes-Alpes francesi e lo stesso vale per l'orso nel Trentino, nel Tirolo del Sud, in Friuli e via di questo passo. Esiste tutto un mondo ambientalista che plaude, si commuove e protegge, e un altro mondo - quello dei montanari allevatori - che spiega quelli che sono i "contro" e le preoccupazioni, chiedendo - dovendo dirlo brutalmente - se e quando si possa sparare ad animali quando possano risultare nocivi, anche se ovviamente loro fanno il loro lavoro nell'ecosistema... Su capre.it trovate un articolo di spiegazione - almeno per capire il punto di vista - scritto tempo fa da Michele Corti, il cui inizio - e le vignetta qui pubblicata - non nascondono la tesi: "Con la prossima stagione d'alpeggio si profila sempre più concretamente una nuova minaccia per le produzioni di latte ovino, caprino o miste. Come se non bastassero la burocrazia, l'iperigienismo, l'esproprio di tipicità, immagini, e denominazioni - operato spregiudicatamente dai caseifici industriali - ecco il nuovo regalo della civiltà "industriale": il ritorno degli orsi e dei lupi sulle Alpi". E' bene non far finta di niente, come ho potuto testare giorni fa in Val Maira in una platea con allevatori di ovini e caprini letteralmente esasperati e pronti a tutto, pur di difendere i propri animali ed il proprio lavoro.