In queste ore sto ricevendo nella posta elettronica di consigliere regionale una mail standard, con lievi personalizzazioni, da parte dei firmatari della petizione sulla "Aosta - Pré-Saint-Didier". Naturalmente nulla da eccepire sullo strumento democratico, che è stato esaminato dal Consiglio Valle, come da regolamento. Invece questa ulteriore sollecitazione mi sembra davvero ridondante e basata su un equivoco di fondo, che ha pesato sulla discussione in corso sin dalle sue origini e di cui, per essere onesti, la stessa petizione è lo sbocco naturale.
Ad un certo punto, come un'oasi nel deserto, considerando, per essere onesti, la marginalità del problema della linea dell'alta Valle rispetto al complesso del trasporto ferroviario, spunta uno studio che dice: "smantelliamo la linea e ci facciamo una bella pista ciclabile". In una riunione obietto che sarebbe bene mantenere una logica trasportistica e mi pare che si sia così rafforzata la scelta di trovare sistemi alternativi alla rotaia, che ha costi notevoli e deficit crescenti e su cui grava una messa in sicurezza delle gallerie che avrebbe costi stratosferici per adeguarsi alle norme comunitarie. Ho visto ad esempio dei bus a diversa trazione che avrebbero il vantaggio di "uscire" dalla linea per raggiungere Courmayeur senza cambiar mezzi e lo stesso varrebbe su percorsi urbani ad Aosta, all'altro capo della linea. Ma il dato di fondo è che la discussione è in parte oziosa non essendo stata finora applicata quella norma d'attuazione dell'ottobre del 2010 sul trasporto ferroviario e che resta il "vangelo" per il futuro della ferrovia e di cui ancora poco si parla a due anni di distanza, benché in quegli articoli si tracci con chiarezza il percorso per il futuro per uscire dall’attuale gestione statale. Perché questo resta il punto: la "Aosta - Pré-Saint-Didier" è una ferrovia dello Stato, come proprietà e come gestione, anche se con l'ultimo riparto fiscale di fatto la Regione mette i soldi, ma senza decidere. Per decidere dovrebbe seguire tutte quelle procedure previste dal decreto legislativo e che sono ferme al palo per l'ignavia totale dello Stato. Per "regionalizzare" l'infrastruttura così dice l'articolo 3 della norma d'attuazione, sinora rimasta sulla carta: "1. La Regione può richiedere il trasferimento ad essa dei beni, degli impianti e delle infrastrutture delle tratte ferroviarie ricadenti sul territorio regionale non ritenute di rilevanza per il sistema ferroviario nazionale, previa quantificazione delle risorse finanziarie necessarie alla loro gestione, nonché dei beni già appartenenti a detta categoria non utilizzati per l'esercizio ferroviario, nel rispetto della normativa vigente in materia di procedimento di dismissione dei beni. 2. I beni oggetto di trasferimento di cui al comma 1 sono individuati mediante accordo di programma da stipularsi tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il gestore dell'infrastruttura e la Regione. Il trasferimento dal patrimonio del gestore dell'infrastruttura a quello della Regione è effettuato a titolo gratuito. 3. Dalla data di decorrenza dell'efficacia dell'accordo di programma di cui al comma 2, la Regione subentra nei rapporti contrattuali esistenti tra il Ministero competente e il gestore dell'infrastruttura, mentre dalla data della relativa consegna essa subentra in tutti i rapporti attivi e passivi inerenti ai beni trasferiti. 4. Restano in capo al gestore dell'infrastruttura gli oneri relativi alle liti pendenti alla data di consegna dei beni e quelli originanti da fatti accaduti antecedentemente alla data di consegna." Il resto sono solo discussioni accademiche e ideologiche da una parte e dall'altra, e queste procedure, come determinate dai commi precedenti, prefigurano tempi non brevi, rientrando per altro in un "pacchetto complessivo", di cui il pezzo forte restano i collegamenti esterni attraverso l'ormai famigerata "Aosta - Chivasso". Per questo va bene scazzottarsi attorno al tema, ma forse tutti dovrebbero dotarsi di un robusto realismo e concentrarsi sulle vere priorità nel trasporto ferroviario, compresa la grande utilità di ripensamento della linea di cui tanto si discute: ci sono soluzioni che consentirebbero di ricomporre la città di Aosta, oggi tagliata in due dalla ferrovia dell'alta Valle in quella logica strategica di connessione fra il centro città e l’area "Cogne", superficie indispensabile per il futuro non solo produttivo dei servizi a vantaggio del Capoluogo regionale e dell'intera Valle.