Ieri al Congrès unionista c'era chi, fra i cronisti presenti ma anche fra i congressisti, si aspettava «sangue e arena», immaginando che si sarebbe creato un clima da "Plaza de toros" - noi diremmo da "Bataille des reines" - o simile all'ambiente di quei gladiatori che nell'Augusta Praetoria di epoca romana si saranno pure esibiti nei combattimenti. E invece, direi in linea con l'austerità imperante, si è celebrata una giornata tranquilla con il clima raccolto non a caso iniziato con la candida presenza di una nevicata che ha messo il rallentatore all'avvio dei lavori. Poi si è proseguito nel solco di una mattinata ufficiale con diversi big e il pomeriggio è stato occasione per una decina di interventi eterogenei e un finale con documento ecumenico. Direi, come spettatore, senza infamia e senza lode e con passaggi interessanti. Ovvio che l'"uno-due" del Conseil fédéral e del Congrès, in tono minore e con un'evidente sordina, si presti a letture varie: dall'embrassons-nous che chiude un periodo turbolento al fuoco rimasto sotto la cenere che resta minaccioso. Io penso che le letture, qualunque si preferisca dei due estremi e conseguenti varianti intermedie, siano semplicistiche e frutto ovviamente di una lettura pubblica dei fatti conosciuti. Come sempre avviene, la realtà è più complessa e si situa nel presente - scusate la banalità - come conseguenza di molti eventi passati, pur senza risalire al Giurassico, e altri che sono all'orizzonte. Il dibattito interno all'Union Valdôtaine, visto nella sua complessità e nel suo divenire, deve appunto fare i conti con le stratificazioni e l'esame degli avvenimenti, così come deve riguardare pagine non scritte e per nulla banali. Non è - perché sarebbe più facile - solo una questione di poltrone odierne o future, di alleanze politiche in corso o in prospettiva, ma inerisce metodi e comportamenti dei diversi attori unionisti. In questo davvero "historia magistra vitae" perché non è che l'Union viva in una campana di vetro e se io sono unionista da sempre noi abbiamo nel Movimento - anche a posti di rilievo - esponenti che furono in partiti scissionisti (tipo "Union Valdôtaine Progressiste"), tornati a casa dopo la riunificazione del 1978. Quando se ne andarono - come avvenne anche, ma a destra, per il "Rassemblement Valdôtain" - lo fecero per ragioni politiche, come più di recente hanno fatto quelli che da unionisti sono passati a "Renoveau Valdôtain", oggi Alpe. Un disaggregarsi e aggregarsi che non è mai dipeso da passaggi "ufficiali", ma dall'incapacità "en petit comité" di trovare quegli antidoti contro le incomprensioni e soprattutto con le accuse al leader di turno di un eccesso di potere che aveva finito per minare il carisma che lo attorniava. Questo per dire che ogni semplificazione è sbagliata e il cuore del problema, per fortuna o sfortuna, resta nei comportamenti delle persone, nelle regole di civile convivenza, nelle idee e nei progetti politici. Per questo il pendolo del dibattito si muove e oscilla ancora.