I fatti sono fatti. Il famoso sistema elettorale vigente in Italia è noto come "porcellum" - definizione in latino maccheronico che viene da "porco" - proprio perché il suo autore considerava il meccanismo di voto una schifezza. Per la cronaca si tratta di quel Roberto Calderoli, esponente leghista, noto alle cronache per non essere proprio un "magister elegantiarum" per i suoi modi e comportamenti. Nella sua veste di ministro per la Semplificazione amministrativa - Ministero inutile come si evince dalla grottesca dizione - è stato considerato il principale referente dai big unionisti che firmarono con il sangue l'accordo con Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli (residenza privata del Berlusca, una delle sedi del "bunga bunga"), proprio perché il leghista bergamasco sarebbe dovuto essere un garante. Ma questo "statista" (definizione data del Calderoli da uno dei big che aveva le traveggole) non ha rispettato un bel niente e l'asse UV-PdL-Lega si è dimostrato per il nulla di fatto una "sola", come si dice a Roma, cioè una fregatura. Doveva essere una pioggia di denaro, ma la slot machine berlusconiana non ha funzionato. Ma torniamo alla legge, che pure l'appena citato papà ha disconosciuto sin dalla nascita: si tratta - come ho scritto più volte - di un orrore che consente ai partiti di scegliere i propri candidati mettendoli in liste bloccate che non consentono nessuna scelta ai cittadini elettori. Così l'elezione o meno dipende dalle Segreterie dei partiti e non dalla volontà popolare che si trova a firmare una cambiale in bianco su chi sarà il parlamentare eletto nella zona dove deposita le schede elettorali nell'urna. Ecco perché i comizi diventano, per i candidati, un'inutile optional: il piatto è già stato preconfezionato al momento della presentazione delle liste e ogni sforzo per emergere negli incontri pubblici non serve a nulla e l'ago della bilancia non sono i problemi di ciascun territorio ma l'esito delle esibizioni televisive dei leader che pesano sul risultato totale del partito e della coalizione. Insomma l'elettore non sceglie davvero chi lo rappresenterà: una legge elettorale che i costituzionalisti di tutto il mondo citano per quanto faccia schifo e chi l'ha scritta ride e la chiama lui stesso "porcellum". Da noi, invece, il collegio uninominale anima il dibattito e mi fa piacere scrivere come, dai primi comizi del lungo elenco di incontri da qui alle elezioni del 24 e 25 febbraio, la risposta è positiva e l'interesse è palpabile per una sfida elettorale assai complessa e di cui è difficile prevedere gli esiti definitivi. Una "mosca bianca" questa campagna elettorale valdostana che mantiene intatta la caratteristica di una competizione che consente agli elettori di scegliere e questo in Italia - dove i partiti sono i veri Re - non è per nulla banale.