"La cicala e la formica" è una ben nota favola di Esopo, adattata anche da Jean de La Fontaine. La cicala incarna chi spreca il suo tempo e non mette nulla da parte, la formica è invece virtuosa e, mentre l'altra canta, o meglio frinisce, lei accumula le provviste per l'inverno. Della favola esistono due versioni "bastiancontrarie" del geniale Gianni Rodari.
Eccole di seguito:
Alla formica Chiedo scusa alla favola antica se non mi piace l'avara formica. Io sto dalla parte della cicala che il più bel canto non vende, regala.
Rivoluzione Ho visto una formica in un giorno freddo e triste donare alla cicala metà delle sue provviste. Tutto cambia: le nuvole, le favole, le persone... La formica si fa generosa... E' una rivoluzione.
E' uno sguardo disincantato, quello di Rodari, che destruttura l'antico e spariglia: da un parte valorizzando il canto contro il grigiore e quella vena di cattiveria della formica e, nella seconda poesia, lavora proprio sulla spocchia della formica, trasformata da tirchia in generosa. Credo che sia un esercizio interessante quello di proporre punti di vista diversi e originali rispetto alla consueta narrazione. Questo vale a maggior ragione in questo tempo di crisi, in cui certe distinzioni saltano. Mai come in questo momento si intaccano i risparmi e in generale questo avviene per le generazioni più anziane, che hanno potuto risparmiare in passato e oggi operano da "cassaforte" per i più giovani, che sono - malgrado loro - cicale a causa di lavori precari e sottopagati, della disoccupazione crescente o più semplicemente dall'impossibilità di mettere da parte dei soldi. Siamo di fronte ad un paese in difficoltà. Non stupisce perciò che il presidente dell'Istat Enrico Giovannini abbia detto dell'Italia: «siamo di fronte ad un paese in difficoltà che soffre una crisi economica più grave di quella degli anni Trenta, che ha spinto le famiglie a ridurre drasticamente i consumi e l'insicurezza politica da questo punto di vista non aiuta». Salta, obtorto collo, la distinzione fra cicala e formica.