Fa sorridere che in occasione delle recenti vicende sul Governo Letta, di cui conosciamo solo quel che è emerso in superficie e di cui conosceremo solo tra qualche tempo le trame sotterranee, emerga una vecchia fierezza democristiana in chi - e non sono pochi - rimpiange e invoca la Democrazia Cristiana. Un partito ben conosciuto, con tanto di croce nel simbolo per definire l'origine confessionale, nato nel 1942 sulle ceneri del Partito Popolare Italiano (a sua volta creato nel 1919 e sciolto dal fascismo nel 1926) e morto - perché se lo meritava - a metà degli anni Novanta, sotto il peso delle vicende di Tangentopoli.
Vent'anni dopo c'è chi vive di rimpianti, in una logica deteriore di "come eravamo". Può essere che la bontà del tempo che passa e molta smemoratezza creino questi inutili rimpianti per la povera salma e mette tenerezza chi coltiva - vecchio o giovane che sia - la speranza che la "balena bianca" (definizione che si deve a Giampaolo Pansa) possa tornare. Ma, sia chiaro, che la DC non era lo splendido e feroce cetaceo di "Moby Dick", il libro del grande scrittore americano Herman Melville. Era ed è stato, nelle fasi finali, un partito in putrefazione, come una balena spiaggiata da troppo tempo. Lo dico per due ragioni. Anche in Valle d'Aosta trovo talvolta qualcuno che dice con fierezza: «sono un vecchio democristiano». Bisogna essere dotati di pietas cristiana - quella che in teoria dovrebbe avere lui - per non rispondergli male e non solo per la modestia intellettuale della persona, ma per l'evidente mancanza di consapevolezza che se alla DC vanno pure ascritti certi meriti storici, a conti fatti la scomparsa non è stata un accidente della storia, ma il frutto di un'autodistruzione che dovrebbe far riflettere chi non è in grado di farlo. In secondo luogo, c'è un fatto più personale: tante volte a Roma mi veniva chiesto se l'Union Valdôtaine fosse la Democrazia valdostana. Rispondevo piccato che così non poteva essere per l'evidente ragione che l'Union nasceva mentre la DC c'era già e nel dopoguerra l'apertura al Partito Comunista aveva creato una "rottura" che distanziava l'UV da ogni sospetto del genere. Con tanto di intervento della Chiesa con una sorta di "scomunica" per gli unionisti degli anni Cinquanta che non è stata proprio una questione all'acqua di rose. Questa resta la mia idea, anche se nella locale diaspora democristiana post scomparsa della DC, oltre allo zoccolo duro nell'attuale Stella Alpina e nel Popolo della Libertà che non si sa bene oggi cosa sia (nel Partito Democratico locale le tracce democristiane sono, invece, labili), va ammesso che anche nell'UV si è insinuata una componente ex DC. E dico DC e non cattolica non a caso, perché invece nell'autonomismo storico il pensiero cattolico c'è ed è rinvenibile anche nel fecondo filone di pensiero federalista. Insomma: io non mi sono mai sentito democristiano e mai vorrei morire democristiano. Chi oggi spera nel ritorno sembra rimpiangere un mostro alla Frankenstein, che più che far paura farebbe ridere.