Nella mia mezzoretta mattutina in macchina per raggiungere il lavoro, mi sono ritrovato - e per fortuna ero da solo - a canticchiare un vecchio motivo, che risale al 1971, di una canzone dal testo di Giorgio Calabrese e che ricordo nell’interpretazione di Ornella Vanoni. L’incipit è noto e a molti verrà alla memoria: «E' uno di quei giorni che, ti prende la malinconia, che fino a sera non ti lascia più». Cerco delle definzioni del termine e cado in una varietà interpretativa. C’è chi la considera "dolce e delicata tristezza", chi "vaga e intima mestizia", c’è chi azzarda "stato patologico da tristezza, pessimismo, sfiducia, avvilimento, senza una causa apparente adeguata, che rappresenta una delle fasi della psicosi maniaca-depressiva". In realtà il termine più antico, ormai in disuso nella lingua attuale, sarebbe melanconia, che diventa poi melanconia per trasformarsi, infine, nella parola attuale. Come sempre capita, siamo di fronte ad una parola latina, "melancholia" (umore nero), che deriva dal greco "melankholía - bile nera", composto di "mélas - nero" e "khólos - bile". Il caposaldo del termine deriva dalla teoria umorale di Ippocrate di Coo (460 a. C. circa - m. 370 a. C. circa), cui si ascrive il famoso giuramento dei medici, che invece dovrebbe essere ben successivo, di epoca cristiana. Ippocrate aveva individuato nell'organismo umano quattro umori: sangue, bile gialla, bile nera (forse il sangue scuro della milza) e flegma (umori liquidi come lacrime e saliva, e tessuti molli). Elementi che interagiscono con il caldo, il freddo, il secco e l'umido e con la varietà delle stagioni e le caratteristiche naturali dei luoghi dove si vive. Dunque malinconia ha un'origine "dura", che si è via via ammorbidita, sino all'uso attuale. Per chi scrive, pesano nella definizione le iniezioni scolastiche e quelle personali di Giacomo Leopardi, che nelle poesie si scatena, ma spiega meglio nelle frasi dello "Zibaldone", il vasto insieme dei suoi pensieri. Qualche esempio: "La malinconia è alla base della poesia romantica" [15-23, 725-35] - "lo sviluppo del sentimento e della melanconia, è venuto soprattutto dal progresso della filosofia, e della cognizione dell’uomo, e del mondo" [76-9] - "I migliori momenti dell’amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia" [142] - "chi conosce intimamente il cuore umano e il mondo, conosce la vanità delle illusioni, e inclina alla malinconia" [324-5] - "chi è malinconico non sopporta intorno a sé la frivolezza e la gioia insulsa" [931] - "malinconia antica e moderna, nei popoli meridionali e settentrionali" [931-2] - "lìamica della verità, la luce per discoprirla, la meno soggetta ad errare è la malinconia e soprattutto la noia" [1690-1] - "Tutto ciò che è finito desta malinconia" [2242-3, 2251-2] - "tutti i buoni poeti italiani degli ultimi due secoli sono stati malinconici" [2363-4] - sulla malinconia destata dalla musica, "bensì dolce, ma ben diversa dalla gioia" [3310-1]. Insomma meno "bile nera" e più sentimenti. Ma perché ho pensato alla malinconia? Perché, invece, io oscillo tra bile (detto anche "umore nero") e tristezza per una situazione italiana e, invero, anche valdostana di paralisi e di pochezza, da cui spero - e ora il primo segnale è nel tentativo di Matteo Renzi in Italia, mentre in Valle c'è attesa - si esca in gran fretta e non solo per migliorare il mio umore personale...